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Eremo San Giorgio
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Vi si giunge da Conche o da Caino passando
per la valletta della Madonna delle Fontane.
Da principio fu probabilmente una piccola
cappella di origine benedettina.
Passò poi agli Umiliati come S.Emiliano di
Sarezzo. Le sue origini si stimano antichissime, forse risalenti al
secolo XIII.
La chiesetta ha un'abside concava; un'arcata
la divide dall'atrio abbastanza ampio.
Sulla destra sta addossato il romitorio: un
ambiente con focolare e forno e due ambienti sovrapposti con a lato il
pozzo e una tettoia. Recentemente sottoposta ad opere di restauro
presenta affreschi riguardanti tra l'altro "L'annunciazione", i "Simboli
degli Evangelisti", una "Madonna col bambino e San Rocco" e un "Gruppo
di Santi" tra i quali il titolare.
"San Zorzi della Corna, l'eremitorio fuori
della Terra in cima al monte detto Corna non è officiato ma vi habita
del continuo l'eremita giovane che veste di beretino e vive di
elemosine".
Con queste parole, nel 1609, Giovanni da
Lezze nel suo "Catastico Bresciano" descrivendo il territorio di Caino
accennava alla chiesetta di San Giorgio.
L'antico eremitaggio era allora già da secoli
tenacemente abbarbicato all'isolato spuntone roccioso che sovrasta la
valle a 1125 metri d'altezza.
Le sue origini, non note con certezza,
vengono fatte risalire ai primi decenni del XIII secolo o addirittura
alla fine del secolo precedente. Certo è che nel corso del 1200
rappresentava già un importante e noto punto di riferimento religioso
per le popolazioni circonvicine se il 21 maggio 1291, da Orvieto, papa
Nicolò IV annunciava la concessione di un'indulgenza di un anno e
quaranta giorni per i pellegrini che vi si recavano nella festa di San
Giorgio e negli otto giorni seguenti.
Secondo Mons. Fappani, fu originariamente una
"grangia", cioè un rifugio per una piccola comunità benedettina (forse
dedita alla pastorizia) collegata in qualche modo con gli Umiliati che
erano in Conche e più tardi con le Domenicane di S. Caterina che agli
Umiliati si sostituirono nel piccolo convento presso la chiesa eretta da
San Costanzo.
I fondatori vollero il piccolo complesso
dedicato al grande martire orientale il cui culto si diffuse largamente
in occidente durante il dominio longobardo: S. Giorgio. Venerato
dapprima come santo guerriero protettore di castelli, rocche, borghi e
paesi, ma anche protettore dei campi e dei contadini e poi, in seguito
alle prime crociate, come difensore della fede, S. Giorgio doveva
rappresentare il protettore ideale per una piccola comunità religiosa,
isolata, dedita alla preghiera e al lavoro, esposta ai pericoli di
un'epoca che vide lo scatenatsi di sanguinose lotte feudali e il
serpeggiare di tante devastanti eresie.
La chiesa, ampliata e ristruttura dalle
Domenicane di S. Caterina, venne decorata con un ciclo di affreschi di
grande bellezza eseguiti nel 1512, l'anno del sacco di Brescia da parte
delle truppe francesi di Gastone de Foix.
Gli affreschi, oggi purtroppo gravemente
deteriorati, rappresentano secondo una disposizione classica Dio
Creatore (in alto), il Cristo Redentore (al centro), l'Annunciazione e
gli Evangelisti (ai lati) e numerosi santi e martiri (in basso) nonchè
la croce di S. Bernardino e il suo monogramma.
All'esterno di questo ciclo su una parete
laterale fu eseguito, probabilmente da mano diversa, un affresco di S.
Giorgio, affresco che nei decenni successivi non fu ritenuto adatto a
rappresentare adeguatamente il titolare del sacro luogo.
Ecco allora, a cavallo tra '500 e '600, i
Cainesi commissionare una pala degna di questo nome: quella pala oggi
esposta nella parrocchiale.
Gli esperti la attribuiscono a Grazio Cossali
(Orzinuovi, 1563 - Brescia, 1629) che operò nel bresciano, milanese,
cremonese, nell'alessandrino e in Lomellina nel periodo 1580-1626
riscuotendo vasta ammirazione per la perizia tecnica, l'uso di colori
caldi e forti, la straordinaria capacità di trasporre molto rapidamente
ampie scene d'ispirazione controriformistica su grandi tele.
Anche in questa circostanza i nostri antenati
agirono con lo stile che sempre li contraddistinse: non lesinando i
mezzi si rivolsero ad uno dei migliori artisti locali del tempo. In
effetti stupisce come un piccolo paese tra i monti, con scarsa
popolazione (oscillante in quei secoli tra i 500 e i 700 abitanti) e
limitate risorse economiche sia riuscito ad abbellire i luoghi di culto
con tante pregevoli opere d'arte Anche il Cardinale Querini, in visita
pastorale nel 1730, si commosse alla vista di quanto i Cainesi avevano
profuso nella nuova parrocchiale che gli si presentò come piccolo ma
autentico gioiello settecentesco.
È questo uno dei tanti segni della
straordinaria fede, devozione e pietà dei nostri padri. Certamente la
Beata Vergine, Dio e i suoi santi dovevano essere allora più vicini agli
uomini per essere raffigurati ovunque, spesso invocati nel corso di
solenni celebrazioni, processioni e Rogazioni, quotidianamente pregati
durante il lavoro nei campi o la sera accanto al fuoco.
Èpur vero che. ciononostante non mancarono
calamità naturali né altre dolorose prove, ma la siccità, le
inondazioni, le carestie, le malattie passarono e non per il potere
degli uomini ma quando Dio volle e forse proprio per intercessione dei
suoi santi. Anche la peste, dopo aver mietuto tante vittime, lentamente
abbandonò le nostre contrade, ma non certo sconfitta dalla scienza di
chirurghi, barbieri, salassatori o deputati alla sanità del tempo. Forse
contro di essa molto di più potè un pellegrino (S. Rocco) con il suo
cane.
Da parte sua, S. Giorgio, da buon soldato
continuò per tre secoli, dall'alto della montagna, a sorvegliare la
valle insieme a S. Rocco, S. Brigida, S. Barbara, S. Monica, S. Caterina
e alla mano di S. Costanzo ch'era in una cassetta collocata in una
nicchia scavata all'interno dell'altare della chiesa. Nel silenzio della
montagna ebbe la gradita compagnia degli eremiti che custodirono quel
luogo (Marco Cretese, 1573; fra Stefano Rizzini, 1600; Ettore Armanno,
1604; Alberto Zanini, 1634 ed altri ancora) ed occasionalmente, quando
l'eremo non fu custodito, quella meno gradita di briganti e banditi che
colà si rifugiarono.
Tra questi si segnalò un certo Ghidini di
Lumezzane, meglio noto come il temibile «Giubileo». Non essendo
documentati gravi danni dovuti alla loro presenza, vien da pensare che i
briganti abbiano guardato con una sorta di ammirato rispetto a quel
possente cavaliere militante in campo opposto.
Il tempo cominciò poi a lasciare le sue
tracce e la tela fu sottoposta a ripulitura nel 1801 e a restauro nel
1843. Anche l'eremo richiese diversi interventi per riparazioni,
interventi documentati negli archivi parrocchiali. Il degrado divenne
più grave e manifesto negli ultimi decenni e non mancò l'atto vandalico
di qualcuno che impallinò la tela sparando dall'esterno. Venne quindi
staccata, arrotolata e riposta nella sacrestia di S. Zenone.
Oggi è tornata a noi, in quello che doveva
essere il primitivo splendore, dopo un restauro difficile, lungo e
delicato (durato più di un anno) ma alla fine felicemente concluso dalla
società cooperativa Techne di Botticino.
La spesa è di circa 4 milioni, a cui si deve
aggiungere un altro milione per una buona cornice. Si tratta di una
cifra notevole ove si consideri quanto già speso per precedenti restauri
e la necessità di provvedere ad altri massicci interventi sulle altre
pale della parrocchiale, l’organo, le vetrate… E’ evidente come per
questi lavori sia indispensabile la sensibilità e la generosità di tutta
la popolazione (come avvenuto nel recente passato) e quanto sia
auspicabile anche l'intervento di enti ed istituzioni in veste di
sponsor.
Ne vale la pena?
E stato scritto che una comunità quando non
ha memoria del proprio passato è come morta perchè non ha radici; ha
scarsa coscienza del proprio presente e nessuna prospettiva per
l'avvenire.
Io credo che «memoria del passato» non
significhi solo ricerca e riscoperta, ma anche e in primo luogo
conservare, tutelare, provvedere affinché altri godano di un patrimonio
che non è solo di grande valore artistico, ma segno presente della
profonda religiosità di chi ci ha preceduto in questa terrena avventura.
Franco Gatelli.
(dal bollettino parrocchiale Fonte di Vita,
in occasione del restauro della pala di S. Giorgio) |
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