TRAVERSATA ALBIOLO 29 settembre 2008 Nuovo itinerario ma percorso conosciuto in questa domenica che inizia alle sei di mattina e vede il nostro gruppo partire alla volta del villaggio di Case di Viso, località questa che è punto di partenza per innumerevoli percorsi molto interessanti. Oggi c’è poi un motivo in più di felicità, oltre a Davide, Giovanni, Stefano, Stefano Jr ed io anche la dolce Sara è dei nostri ed è molto festeggiata. Alle otto di mattina traversiamo il paesino ormai quasi deserto ed alle otto ed un quarto siamo al parcheggio, ricavato in uno slargo, della strada che conduce al rifugio Bozzi a 1800 metri di altitudine. Strada ben conosciuta tanto che Giovanni e Davide, dopo aver percorso un breve tratto del sentiero consueto, decidono di inventarsi una variante tagliando su per un prato molto ripido coperto di erba resa scivolosa di brina. La visione del cielo azzurro appena velato da sbuffi di nuvole promette tempo bello anche se un poco freddo e regala un inizio di giornata allegro che viene però spento dal sudore procurato dalla salita repentina; la china si rivela infatti molto ripida e sbuffiamo parecchio arrampicandoci tra le sterpaglie brulle e secche che, se non altro, tengono il nostro peso aiutandoci un poco nella progressione. Finalmente arriviamo ad un piccolo risalto, costeggiamo un canale ripido e colmo di piccoli sfasciumi e terra mossa che ci fanno rallentare poi tappa davanti ad una paretina di roccia ed arbusti un poco esposta dove Giovanni cala una corda per aiutarci a salire più agevolmente. La sosta a cui arriviamo ci procura un sospiro di sollievo, ripartiamo e dopo un breve tratto in traverso ecco un pianoro dove ci ricongiungiamo a Davide in arrivo da una incerta “variante della variante” scelta per salire fin li. Si riparte lungo il sentiero ora ritrovato e dopo poco possiamo vedere il rifugio Bozzi leggermente imbiancato ed alle nove e mezza lo raggiungiamo ripartendo subito per il Forcellino di Montozzo. Lo raggiungiamo e finalmente, tra vistosi camminamenti della Grande Guerra ed una targa commemorativa, troviamo la neve. Ci concediamo un poco di riposo scattando fotografie e buttando lo sguardo al di la della sella; il panorama è una meraviglia, costituito da un immenso letto di nuvole candide e tumultuose da cui spuntano cime e creste di monti lontani. Il programma di Giovanni era raggiungere la Punta di Ercavallo ma il versante nord, compresa la sua presunta meta, è tutto spelato e privo di neve, una delusione; dopo un breve consulto cambia itinerario e proseguiamo quindi per i laghetti superiori che troviamo parzialmente gelati. Ora i monti innevati sono più vicini, la visione dell’azzurro del cielo li rende ancora più spettacolari ed i loro contorni sono nitidamente riflessi nel lago più grande mentre i piccoli sono opachi e paiono fatti di piombo fuso. Vediamo un rilievo con una bella parete nevosa che lo solca e termina in una cresta; la puntiamo deviando a sinistra e, dopo aver costeggiato l’ultimo laghetto e percorso un lungo traverso, la imbocchiamo. Ci accorgiamo subito che la salita sarà dura, il fondo nevoso non è buono, crostoso sopra e talmente soffice sotto da far affondare fin alle rocce sottostanti lisce e scivolose; guardo in alto, Giovanni è partito veloce a far traccia e Stefano jr. lo segue mentre alle mie spalle Davide e Stefano assistono da vicino Sara. I passi si susseguono lenti, le tracce avanti si rivelano quasi inutilizzabili e spesso mi arrangio facendone di nuove sperando che la neve tenga ma la fatica è tanta; guardo sopra di me ed i grandi massi che formano la nostra via pare non si avvicinino mai. Finalmente dopo il ripido ecco le grandi rocce che ci costringono ad una gimcana per avvicinare la cresta, raggiungo i miei compagni, mi gridano di fare attenzione ad un passaggio obbligato costituito da un masso un poco sporgente. Mi fermo a guardarli, dopo esser passato Giovanni è la volta di Jr, poi, con molta cautela passo pure io. Giovanni per sicurezza tira una corda a Davide con cui crea un passamano per lui, Sara e Stefano. Balzo sulla cresta è bellissima ed illuminata dal sole forte che abbaglia; mi sistemo vicino a Stefano jr. che funge da “sosta umana” e, mentre recupera gli altri, scatto foto al ripido passaggio nevoso da superare ed al bel visino un poco stanco di Sara. Non ci resta da percorrere che una larga cresta innevata ed ecco arrivati al panettone finale; siamo approssimativamente a 2950 metri di altitudine, scopriremo poi che questo risalto non ha nome ma penso che, da noi, sarà per sempre conosciuto come “Cima GAL”. Che si fa ora, dopo aver ammirato la grande quantità di vette da cui siamo circondati, aver scherzato, mangiato qualche cosa e visto l’orologio segnare le undici o poco più, ci ritroviamo a concludere che c’è tempo per un altro poco di esplorazione. Davide e Giovanni propongono di tentare la cresta che porta al Torrione d’Albiolo e tutto il gruppo accetta entusiasta. Partiamo, il cielo è chiaro, la temperatura clemente e Davide in avanscoperta procede sicuro; il ripiano nevoso si assottiglia e diventa una cresta parzialmente innevata, semplice anche se abbastanza affilata. Dopo alcuni divertenti saliscendi ammirando i ripidi che rotolano verso il basso appena sporcati dalla neve, facciamo un incontro fortunato; dagli sfasciumi della parete sud verso il Tonale un gruppo di stambecchi si alza fin sulla cresta e si stabilisce tranquillamente avanti a noi. Tanta è la meraviglia, la curiosità ci prende e scattiamo molte immagini osservando i loro movimenti. Siamo incerti sul da farsi, Davide a passi lenti continua ad avanzare lungo la cresta di rocce solide e poca neve che si è fatta ora molto sottile, mentre gli stambecchi, per nulla intimoriti dalla sua presenza, lo precedono avanzando solo per tenerlo a distanza fischiando e giocando tra loro. Vediamo Davide avvicinarsi sempre di più al gruppo fin ad arrivare a pochi metri dal primo esemplare che a malavoglia si sposta e spinge gli altri ad avanzare. La cresta intanto si è fatta sempre più difficile e Davide valuta impossibile proseguire senza imbrago ma la croce del Torrione è davanti a noi terribilmente a portata di mano e non pare giusto rinunciare. Non si da per vinto e, dopo essersi consultato con gli altri, decide di scendere un tratto del versante sud per cercare di aggirare l’ostacolo. E’ la scelta giusta, trova agibile il percorso e ci spinge a raggiungerlo; nonostante rocce poco sicure e ciuffi d’erba scivolosa che fanno procedere con molta cautela, riusciamo a scendere in traverso lasciando in alto una selva di lunghe corna curiose. Arriviamo a degli sfasciumi da cui scorgiamo la traccia di un sentiero, abbiamo trovato il noto sentiero militare austriaco che porta al Torrione non visibile dall’alto della cresta, e ne siamo sollevati; finito il traverso lo seguiamo e riguadagniamo la cresta. Gli stambecchi che ci hanno osservato impassibili faticare su quel ripido ora sono scomparsi, sicuramente hanno trovato altre rocce su cui divertirsi a dominare il mondo alpino. Arrampicandoci tra rocce seminascoste dalla neve fresca arriviamo sotto la grande croce che si innalza su di una roccia ampliata da mano umana e dopo aver aggirato l’ultimo risalto troviamo il cavo che agevola la salita. Sara, Giovanni ed io ci prendiamo un poco di tempo per ridere ed ammirare artistiche candele di ghiaccio fragili e bellissime e dopo poco raggiungiamo pure noi la vetta a 2970 metri di altitudine; sono le 13 e 30, ora siamo soddisfatti, la gita pareva finita troppo presto ma con un poco di fortuna e di temerarietà si è rivelata proprio divertente. Dopo i complimenti e le foto di vetta partiamo alla ricerca del sentiero di discesa della via normale; nemmeno il rientro è molto facile, la neve morbida infatti rende ogni passo stancante anche se chiacchiere e risate lo alleviano piacevolmente. Rivediamo i laghetti, dentro di me ripenso agli stupendi animali incontrati ed ogni tanto mi volto guardando verso le vette appena lasciate chiedendomi dove sono i nostri ospiti a quattro zampe. Camminando verso le auto mi accorgo di come l’entusiasmo nato dall’insperato incontro ravvicinato tra noi ed i padroni dei monti che tanto amiamo mi sia rimasto nel cuore e ringrazio il destino per questo regalo. Alla prossima.
Marina Livella
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