TORRIONE ALBIOLO 8 Giugno 2008 Come sempre ultimamente il fine settimana è dato di tempo pessimo quindi il gruppo GAL è molto esiguo la domenica mattina alle sei e trenta; ci si trova infatti solo Giovanni, Stefano, io ed Oliver grande cane alpinista, con l’insperata aggiunta di Loredana che da tempo non è dei nostri. Spiando il cielo che cambia umore ad ogni minuto arriviamo sopra Pezzo, nel caratteristico villaggio di Case di Viso a 1760 metri di altitudine; è insolito non innevato, vivace di persone, con alcuni edifici abitati ed i prati di un bel verde brillante. Sono le otto e trenta circa, superiamo le piccole case, con le auto attacchiamo la strada che porta verso il rifugio ed arrivati alla piazzola pic-nic sovrastante il paesino, parcheggiamo. Ci attrezziamo chiacchierando e verso le nove partiamo. Il cielo ha continui mutamenti tra il grigio ed il blu, pensiamo si debba fare presto a compiere questa salita, è la terza volta che la tentiamo e vorremmo fosse quella buona. Cerchiamo il vecchio sentiero che si inerpica diretto intersecando la strada dalle mille curve e lo seguiamo svelti, camminando rammentiamo i motivi che ci hanno visto fallire quella vetta nei tentativi precedenti ed i ricordi sono causa di risate che ci alleggeriscono il percorso. Sono passate da poco le dieci quando arriviamo a 2478 metri in vista del rifugio Bozzi; è ancora chiuso, dopo una breve sosta ripartiamo superando il laghetto semigelato situato poco sotto, lo rimiriamo dall’alto osservando le piccole isole di ghiaccio che galleggiano lente e la varietà di sfumature di colore che dal bianco assoluto arrivano all’azzurro intenso. Lungo il sentiero ci sono, in grande quantità, piccoli torrenti tumultuosi, rivoli d’acqua che nascono dal nulla e pianori costituiti da specie di paludi dove pare di affondare gli scarponi in materassi ad acqua. Proseguiamo per la Forcella di Montozzo a 2613 metri di altitudine, la vediamo in alto mentre alla nostra destra prosegue la cresta frastagliata dell’Albiolo segnata da ghiaioni misti a sottili lingue di neve che ne segnano il fianco tormentato ed alle nostre spalle monti a tratti illuminati dal sole che si accende come un faro. Troviamo un lungo traverso innevato, siamo veramente soddisfatti del buon stato della neve e pure il cielo ci ha fatto grazia, dopo una breve pioggerella si è infatti fissato su di un grigio stazionario. Ecco, dopo una spianatina ci attende la sorprendente vista di tre laghetti da poco attaccati dal disgelo che scopriamo l’uno dopo l’altro; la loro superficie candida è stata assalita da giochi d’acqua che ci mostrano spaccature di blu intenso leggermente increspate dal vento; ricordano i famosi “cerchi nel grano” opera di fantomatici extraterrestri! Dopo molti scatti fotografici passiamo oltre, non possiamo rischiare che il maltempo ci colga troppo presto, ci alziamo di un poco ed ecco la vista di un altro lago, ancora più bello dei precedenti, il suo perimetro non è perfettamente delineato ma vediamo stupiti un lungo semicerchio di acqua azzurra e cristallina, simile ad una pennellata, che lo scopre nel bianco uniforme. Altre foto e commenti a non finire poi, spronati da Giovanni che ci precede, attacchiamo un altro traverso che porta verso le creste lasciando in basso la conca della testata della valle. Loredana improvvisamente lancia un richiamo ed indica un punto in movimento, è uno stambecco che pare volare sulla superficie della neve scendendo a grandi balzi verso il fondovalle; dal canto suo Oliver si lancia per raggiungerlo, naturalmente senza riuscirci. Ridiamo della sua testardaggine, è tutta la mattina infatti che consuma energia rincorrendo inutilmente marmotte e rovistando furiosamente nei buchi che trova nel terreno. La nostra vetta finalmente si rivela e la osservo proseguendo fin sotto ad una parete che porta diretta alla cresta, è una grande roccia scura che ricorda il muso di un animale con un orecchio tondo ed è sormontata da una lunga croce sottile. La parete nevosa che Giovanni attacca è abbastanza ripida da divertire ma non tanto da stancare, non passa molto tempo infatti che ci troviamo sulla cresta est. Proseguiamo provando, per divertimento, a scalare tutti i gruppetti di rocce che troviamo sulla nostra strada, sono poco solidi ma con la dovuta cautela conducono sotto alla vetta costituita da roccia viva supportata da un manufatto in muratura risalente alla prima guerra mondiale. Mentre Stefano e Loredana si avviamo seguiti da me, Giovanni aiuta Oliver a superare i gradini metallici fissati sulle rocce che guidano alla cima. E’ mezzogiorno e un quarto quando ci troviamo tutti e cinque in vetta perfettamente soli e consolati dal sole caldo a 2970 metri di altitudine; dopo alcune foto ammirando il serpentone della cresta scura da cui proveniamo e l’elegante croce metallica decorata da uno stemma centrale, ci organizziamo per la breve discesa con il cavo che pure Oliver supera brillantemente. Poco più sotto troviamo un basso gruppo di rocce che ci permette di fare uno spuntino comodamente seduti mentre Oliver cerca di guadagnare cibo da tutti noi. Giusto il tempo di terminare, in un attimo grosse nuvole arrivano sopra la vetta, il tempo cambia repentino e inizia a spirare un vento freddo che ci fa scappare svelti lungo un tratto di cresta ben innevato. Velocemente cerchiamo di ritrovare le nostre tracce di salita, in testa c’è Stefano, decide di prendere un ripido, la neve è tanto solida e divertente da ritrovarci a “sciare” tutti e cinque fino alla base della valle. Riecco quindi la curva cerulea del grande lago laggiù in basso, sferzati dal vento gelido e sotto una nevicata fitta allunghiamo il passo per raggiungerla. Stiamo camminando quando improvvisamente le nuvole si squarciano ed il cielo azzurro fa capolino mentre noi ancora lottiamo con la neve che scende copiosa; ci fermiamo interdetti, il sole ora è caldo ed abbagliante mentre la neve continua a scendere, ridiamo e fotografiamo questo fenomeno bizzarro che ci ha colto finché i fiocchi si fanno sempre più radi e lasciano definitivamente posto al sole. Ci rilassiamo, con calma scendiamo verso il lago mentre Giovanni racconta la storia “dell’angolo di cielo in castigo”. Spiega, camminando, che esisteva un angolo di cielo disobbediente che creava problemi a tutto il resto della volta celeste; improvvisamente un giorno d’autunno fu destinato a smaltire la sua ribellione immerso nei laghetti della conca dell’Albiolo. Per tutto l’inverno attese, rinchiuso sotto ad una spessa coltre di ghiaccio, il momento di essere perdonato e poter tornare in alto in compagnia delle stelle amiche. Un giorno dei primi di giugno finalmente il tepore del sole riuscì a spaccare il ghiaccio e permettere all’angolo di cielo di spiccare il volo verso l’alto e, sotto lo sguardo divertito di marmotte, aquile e stambecchi, riuscì a tornare lassù lasciando nel piccolo lago un poco del suo azzurro come pegno di amicizia. Sorridendo ho guardato il piccolo spicchio di lago sgombro dal ghiaccio ed ho visto in un lampo la scia di azzurro donata dall’angolo di cielo ribelle. Eccolo la, ho gridato! Giovanni ha assentito sorridendo. Commentando il miracolo della valle d’Albiolo siamo giunti alle auto; erano le 14,30. Bella salita e grande storia.
Marina Livella
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