IL CASTELLO DELLE STREGHE

Cima Blumone

 30 Marzo 2008        

Felice domenica quella appena trascorsa, la giornata precedente il meteo parlava di un grosso pericolo valanghe e chiudeva la porta a salite impegnative quindi il GAL si sparpagliava un poco ovunque ed io accettavo la proposta di Giovanni per un sabato notte in Val Vestino con la prospettiva di una gita d’allenamento il giorno successivo.

            L’allegra serata e una tranquilla dormita mentre gli altri lavorano in cupola, poi il mattino successivo partenza; la salita comincia molto tardi, è intorno alle dieci infatti che Giovanni parcheggia l’auto alla centrale dell’ENEL in fondo alla spianata del Gaver praticamente priva di neve.

            Partiamo addentrandoci nel bosco ombroso lungo al sentiero un poco erto che porta al passo Termine; alla prima radura dopo la fine degli alberi lasciamo la via conosciuta e ci infiliamo in una valletta inizialmente piana che, verso la fine, si fa abbastanza ripida.

            Camminando Giovanni adocchia di fronte a noi un gruppo di tre canali tra le rocce del monte che si innalza sul fondo, sembrano fattibili e diventano la nostra prima meta.

            I monti attorno sono poco innevati ma i canali che si stanno avvicinando sono candidi, la giornata è perfetta, luminosa e soleggiata, fa veramente caldo tanto che si resta in canottiera e la crema solare si spreca.

            Camminando passiamo un minuscolo casale che, curiosamente, spunta a malapena dalla neve; avanti a noi una distesa candida, delimitata da muri di ripide rocce ai lati, che si srotola intonsa fino alla base dei “nostri” canali, mentre a sinistra il Cornone del Blumone ci sovrasta con la sua mole massiccia.

            Raggiungiamo la testata della valletta, Giovanni sceglie il canale centrale, lo imbocchiamo oltrepassando una strettoia formata da due roccioni, è una salita dolce e ci porta velocemente alla sella candida sormontata dal cielo blu.

            Una piccola sosta per guardarci attorno, Giovanni scherzando sale un piccolo dosso innevato, lo segna con tracce ben evidenti nella neve fonda e pare una formica su una montagna di panna montata; mi raggiunge e ci guardiamo attorno, ora abbiamo una vista molto più ampia, Giovanni si orienta, a nord un lungo pianoro a leggeri dossi che termina con una stretta valle sovrastata dall’inizio di una cresta nevosa, la decisione è presa, è lì che andremo.

            Scendiamo per cento metri circa, ora ci troviamo nel pianoro, proseguiamo svelti lasciando dietro a noi una lunga traccia fonda e solitaria nella neve che marca l’immacolata purezza della piccola valle.

             Avanzando Giovanni mi fa notare il Passo Serosine, che vediamo ad est, e mi spiega pure che Cima Blumone non è assolutamente da confondere con il Cornone del Blumone che abbiamo ora alle spalle, si tratta di un monte a parte, ed io mi dico che non finirò mai di imparare cose nuove sulla montagna.

            Un colpo d’occhio, Giovanni nota quattro sciatori d’alpinismo che si stanno cimentando in una discesa lungo il versante ovest del Cornone di Blumone, nonostante siano distanti le loro figure snelle sono molto evidenti ed eleganti contro il candore della neve.

            Dopo un lungo percorso in piano sotto al sole caldo prendiamo la valletta ma la interrompiamo a metà per proseguire sulla sua parete sinistra, Giovanni ha notato la brusca impennata verso l’alto che la caratterizza ed inevitabilmente lo attira; la imbocchiamo.

            Giovanni mi spinge ad attaccarla e concluderla confortata solo da sporadici suggerimenti; è una sorpresa, si tratta una paretina veramente godibile di una settantina di metri che vorrei non finisse più; dopo il primo canale percorso da prima non mi pare vero poter tracciare anche questa che trovo molto eccitante soprattutto nell’uscita bella verticale sui 60° stretta tra rocce lisce e macchiate di licheni.

            Sono fuori, ridiamo felici della mia breve prova di bravura ed appollaiata sul sovrastante piccolo pianoro scatto alcune fotografie al panorama ed all’uscita di Giovanni che si diverte a farmi facce buffe.

            Ora ci aspetta un breve percorso in piano che percorriamo osservando attorno i monti segnati da lunghi canali innevati ed in basso il piccolo rudere dell’ospedale di guerra con i suoi radi spuntoni di muro annerito che escono dalla neve.

            Ancora avanti lungo il percorso un poco in salita tra brevi tratti di erba rossiccia nella neve, vediamo un piccolo gruppo di placche rocciose ben appoggiate, le affrontiamo con precauzione, scopriamo, dopo averle oltrepassate, che sono le uniche rocce di quel tratto ed arriviamo quindi all’inizio della cresta nevosa.

            Ecco un leggero rialzo tra roccia e neve, lo superiamo e, sorpresa, la cresta sud sud-est è visibile per buona parte del suo sviluppo, una bella linea candida e sottile che si allunga leggermente in salita per un tratto veramente lungo; Giovanni è soddisfatto della scelta fatta e di nuovo mi spinge ad andare avanti nella neve alta.

            Non me lo faccio ripetere due volte, parto e mi trovo a calcare una cresta che riporta ad una precedente avventura che ha lasciato un ricordo indelebile, la Biancograt sul Bernina; certo, il paragone è probabilmente esagerato, ma camminando in bilico sul filo sottile di neve candida trovo grandi similitudini. 

            Il percorso è basso e molto più dolce, certamente, ma la cresta sottile ed ardita contrastante con il cielo blu porta a quell’improbabile paragone che anche Giovanni approva;        io avanzo mentre il mio compagno resta indietro divertito e soddisfatto dalla cresta appena scoperta, scatta una quantità fotografie mentre mi cimento lungo il percorso di leggere salite ed attacco l’ampia curva a semicerchio che avvicina ad una salita e ad un rialzo che termina con una puntina.

            Camminando guardo ai lati, le pareti sono molto ripide, anzi vertiginose di strapiombi bianchi di neve immacolata interrotta solo da rade chiazze rocciose e piccoli cespugli erbosi.

             Verso la fine del semicerchio mi fermo ad attenderlo, mi raggiunge convinto che la cima sia a pochi passi ma c’è ancora strada da fare.

            Riprendiamo il cammino ed arriviamo ad un risalto che scopriamo essere una specie di anticima, la cresta avanza e la vetta ancora non si vede, i miei passi affondano decisi nella neve ma sono stanca e chiedo a Giovanni di proseguire sul filo per un tratto.

            Una piccola sosta, voltandoci sotto al sole caldo guardiamo le nostre interminabili tracce lungo la cresta sinuosa, i monti innevati tutti attorno brillano sotto la luce e paiono finti, ci sentiamo in paradiso.

            Ancora qualche ansa leggera che evidenzia delle cornici non molto sporgenti e finalmente siamo alla vetta, a 2570 metri di altitudine, anche Monte Blumone è felicemente raggiunto; sono le due e mezza, Giovanni valuta la lunghezza della cresta in un chilometro circa di sviluppo e siamo veramente entusiasti del percorso.

            Breve sosta sulla cima spazzati dal vento e dal sole bruciante; ci accoccoliamo per un poco vicino ad una croce metallica spezzata e semisommersa dalla neve alta ma non ci attardiamo anche se la fame si fa sentire; la cresta prosegue discendente conservando la neve solo da un lato ed evidenziando rocce che non paiono molto affidabili e finiscono all’ampia sella di Passo Termine.

            Giovanni decide di ripercorrere a ritroso per circa cento metri la cresta e prendere poi un costone che scende bruscamente ad ovest nella neve alta.

            Lancio un ultimo sguardo alla vetta raggiunta ed alla nostra mini Biancograt; ci ripromettiamo di percorrerla nuovamente in compagnia del resto del GAL.

            Ancora un poco di cautela, imbocchiamo l’uno dopo l’altro due brevi canali schivando grosse macchie di erba e sassi e rapidamente giungiamo alla base della valle che dall’alto pare il fondo liscio e candido di una tinozza.

            Siamo al pianoro dove si trova il Casinello del Blumome, già, ma non si vede dove sia; ancora alcuni passi poi un’altra sorpresa, Giovanni nota un paio di assi che spuntano dalla neve, nuovamente delle risate quando si accorge che quello è il Casinello completamente sepolto; poco più avanti pure il cartello dei percorsi spunta solo con la cima e tutto questo ci dà la misura della quantità di neve che stiamo calpestando.

            Ritroviamo il sentiero ed a malincuore ci avviamo verso l’auto valutando la bellezza della gita del giorno che ci ha riservato delle autentiche sorprese e verso le cinque del pomeriggio siamo di ritorno in Gaver.

 

 

                                           Marina Livella