Ferrata di Casto 15 Giugno 2008 Questa non è una vera relazione, si tratta semplicemente del ringraziamento agli amici che hanno “inventato” l’eccitante percorso in via ferrata e non solo, strutturato ad Alone paesino a poca distanza dalle nostre case in provincia di Brescia. Il merito di questa scoperta è certamente solo del brutto tempo e di una caduta della sottoscritta che hanno fatto desistere il gruppo da una salita più lunga. E’ sabato sera, sconsolati ci guardiamo senza una meta certa quando Davide dice, “ho sentito di una ferratina sotto Lodrino”; siamo scettici ma alternative zero e quindi diventa la meta del giorno. La mattina alle otto e mezza il gruppo è fatto, Davide, Giovanni, Marco e Stefano sono fuori casa ad attendermi; fortunatamente mi sento bene quindi partiamo svelti, percorriamo la statale, tagliamo verso Lodrino, poi per Alone ed in un baleno siamo nell’ampio piazzale indicato come partenza delle ferrate. Cavolo, c’è una grande quantità di persone! Non siamo abituati ad avere spettatori e ridendo ci attrezziamo, Marco che, parecchio tempo fa, ha già sperimentato il primo tratto di ferrata ci indica l’attacco e asserisce che è una “ferratina facile” dieci minuti di percorso; sempre più allegri e curiosi ci attrezziamo con l’imbrago ed il set da ferrata mentre Davide e Giovanni, naturalmente senza, si arrangiano con cordini e moschettoni. Dal basso guardiamo lo sviluppo, notiamo che è una parete veramente dritta e ci accorgiamo subito dopo quanto la roccia sia liscia e bagnata; il primo tratto è divertente e non faticoso, la roccia abbastanza asciutta e permette movimenti molto ampi ed articolati. Dopo dei traversi aerei che aggirano uno spigolo incrociamo il secondo tratto, simile al primo ma più addentro al bosco, l’umidità si fa molto forte ed anche per tutto il resto del percorso saremo molto penalizzati dalle rocce bagnate che rappresentano un bel aumento delle difficoltà della ferrata. Il tempo miracolosamente regge, sotto vediamo il sentiero talvolta percorso da escursionisti in passeggiata; ci divertiamo molto a sperimentare, dopo il secondo, anche il terzo e poi il quarto tratto del percorso indicato trovando belle verticalità e punti esposti che ci fanno sbuffare non poco, le vie sono ottimamente attrezzate, il cavo agevole ed in alcuni passaggi molto difficoltosi si trovano gradini e fittoni che aiutano. Tutto questo senza un attimo di pausa, le mie braccia si stancano molto e sull’ultimo punto strapiombante, parecchio liscio e bagnato, devo ricorrere all’aiuto fisico e psicologico dei miei compagni. Ma è un attimo, ancora dei passaggi molto semplici e ci si ritrova nel bosco di alberi alti fornito di cartelli che indicano i diversi percorsi delle ferrate, scopriamo meravigliati che ce ne sono ancora otto (!), ed intersechiamo pure il sentiero per il rifugio degli alpini; capiamo allora che la gente incrociata alla mattina era sicuramente in gran parte finita a pranzo dagli alpini. Sono ancora molti i tratti di ferrata da sperimentare ma i ragazzi desiderano vedere il ponte tibetano, dopo aver preso un sentiero che si fa sempre più stretto arriviamo a delle indicazioni, scendiamo fino all’attacco del ponte e lo oltrepassiamo uno per volta osservando lo spettacolo del panorama strapiombante sotto i nostri piedi. Ancora nel bosco a cercare segnali che ci portino a sperimentare nuove situazioni, intersechiamo una strada, torniamo sui nostri passi e finalmente troviamo il passaggio per la “Stretta di Luina”. . E’ sempre Marco, il meglio informato, che ci invoglia a provare quel percorso, ci troviamo davanti ad un canyon profondamente infossato con in fondo acqua che passa veloce, lo imbocchiamo, si vedono i cavi che proseguono oltre il primo gomito ed i pioli che permettono di avanzare ficcati a poca distanza dal pelo dell’acqua che scende vorticosa. Scopriremo poi che è stato scavato dal torrente Nozza ed ha uno sviluppo veramente affascinante; punti in cui è largo poco più di un metro e con un passo, saltando, ci si trova appesi all’altra sponda e poi i giochi dell’acqua che forma anse, gorghi e slarghi fino ad arrivare ad una cascata che toglie il fiato tanto è bella. Finalmente dopo quattrocento metri circa di “operazioni scimmiesche” appesi ai cavi vediamo apparire degli alberi, siamo alla fine del canyon, umidi ma entusiasti della scoperta. E’ ora di pranzo, l’appetito è stato sollecitato da questa esperienza, quindi rimandiamo a data da destinarsi l’esplorazione del resto delle ferrate e prendiamo il viottolo ombroso che porta alla strada commentando il percorso compiuto. In un baleno siamo all’auto, mentre ci prepariamo per la partenza scambiamo due chiacchiere con un signore fermo vicino alla buffa fontana con gli occhi. Siamo fortunati, scopriamo che con alcuni amici è uno dei “papà” di questa meraviglia chiamata Casa delle Streghe, e ci racconta aneddoti divertenti e tristi del tempo occorso per terminare questo “Parco delle Vie Attrezzate” che comprende anche una Ferrata del Drago per i meno esperti ed alcune pareti d’arrampicata. Ce ne andiamo appagati da tutte quelle novità ripromettendoci di tornare a sperimentare anche il resto delle vie. Tante grazie a Roberto ed ai suoi amici alpinisti. Marina Livella
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