Cima Scarpacò 10 giugno 2007 Quando si parte, verso le 5,10, già si parla dello strano nome della vetta che il GAL ha deciso di sperimentare questa volta; Giovanni ci spiega che, molto tempo fa, il passo omonimo era tanto difficile da raggiungere che era come “strapparsi la testa” dalla fatica ed in dialetto locale è nato il buffo nome con cui è conosciuta la cima. Siamo un bel gruppo anche stavolta, intenzionati a divertirci ed ovviamente ad aggiungere questo itinerario a quelli già percorsi. Arriviamo a Pinzolo e poi su per Val Nambrone fino al rifugio che porta lo stesso nome della valle a 1400 metri di altitudine; sono le 7 e 30 quando ci attrezziamo e partiamo. Si passa il primo lungo tratto immersi in un sottobosco ricco e verde in cui spiccano grandi felci; dopo un poco sbuchiamo di fronte ad una cascata altissima e sottile, è la Cascata di Cornisello, scende in verticale da una sella che risalta nell’azzurro del cielo della mattinata incredibilmente limpida nonostante il meteo sia dato per brutto. Dopo un altro poco di sentiero la possiamo vedere per intiero, incollata alle rocce grigie con un salto che la fa balzare verso l’alto e ripiombare giù veloce. Attorno abetaie che rosicchiano spazio alle rocce dei monti, sui prati una moltitudine di fiori colorati ed in alto, salendo, la grande cerchia dei monti rocciosi a cui appartiene la cima da raggiungere. Il sentiero finisce, arriviamo ad una spianata dove inizia la serie dei laghi dell’Enel e troviamo una comoda strada che porta al rifugio Cornisello passando prati e piccoli torrentelli argentei che confluiscono nei laghi, ne escono e corrono veloci verso valle. Oliver, ottimo cane alpinista con la sua bandana rossa, si diverte a nuotare nei laghetti limpidi e correre nei prati, sicuramente non è stanco come noi a cui il primo tratto di salita molto ripida pesa parecchio nei muscoli; è una piacevole sorpresa infatti l’intermezzo dell’ampia spianata con l’agevole strada piana che permette di riprendere fiato. Ridiamo di una minuscola baita di mattoni molto caratteristica con il tetto in lamiera che vorremmo eleggere a “rifugio del GAL” nonostante sia quasi in rovina, in alto il cielo è azzurro e colmo di nubi soffici e bianche, pare che la giornata sia proprio clemente. Passiamo un lago tranquillo con lunghe lingue di verde smeraldino che lo segnano, lo rimpiccioliscono ed evidenziano la sua limpidezza e rade pietre che affiorano grigie sulla superficie e poi un altro tondo traversato su un lato da un ponticello di forma quasi giapponese; paesaggio molto rilassante dove sarebbe stupendo fermarsi e riposare, coccolarsi guardando lontano e chiacchierare tranquilli attendendo il calare della sera e poi dormire nel rifugio che vediamo in alto. Tutto questo solo se non fosse che la vetta ci aspetta, atterro dopo questo dolce fantasticare con la prospettiva di dover compiere ancora un lungo percorso e questo è un cruccio abbastanza pesante che minimizziamo chiacchierando e ridendo mentre passiamo sotto al rifugio Cornisello ed al suo Lago Superiore fermo e limpido tanto che si possono vedere sulla sua superficie il cielo ed i monti attorno quasi fosse uno specchio. Siamo veramente sorpresi della bellezza di quei luoghi, a metà strada tra il selvaggio ed il civilizzato ma miracolosamente integri nonostante sia data la possibilità di raggiungere il rifugio in auto, prospettiva che noi non apprezziamo poi molto. Il sentiero si fa un poco erto, si prosegue per il Lago Vedretta, quando lo raggiungiamo siamo a 2600 metri e possiamo vedere di fronte il ghiacciaio a nord di Cima Cornisello, ricomincia la fatica alleviata di un poco dai fiori che rallegrano il sentiero; grosse nuvole nascondono a tratti le vette attorno, e la via si fa veramente pesante. Il lago è uno spettacolo non da poco; raramente capita di ammirare un lago ghiacciato e questo lo è veramente, non sulla riva, ma dopo un metro circa il ghiaccio diventa spesso, bianco e opaco, segnato da lunghe crestine candide che interrompono il blu grigiastro dell’uniformità talvolta spaccata da linee nette e tutto l’insieme è metallico e quasi finto, come dipinto da mano umana; fanno cerchio monti segnati da bianche lingue di neve e mezzo nascosti da nubi troppo basse. Salendo lasciamo l’anomala immobilità del lago e troviamo quella ingannevole della neve, ora sufficientemente fonda da divertire. Lungo il percorso che i nostri amici segnano traversando la spianata che porta al Passo delle Marmotte e superando una facile crestina di rocce che percorriamo tutti assieme, chiacchierando, ridendo e aiutandoci l’un l’altro. Bei momenti condivisi attendendo la vetta, gustando ogni piccola difficoltà come attimi di vita che non possiamo sapere se saranno nuovamente visti e vissuti ma sicuri che il loro sapore non sarà mai più scordato. Si arriva al passo, ci tocca un lungo traverso innevato camminando in una immensità lattea, un biancore totale che confonde e induce a compattare i ranghi del gruppo quasi timorosi di perderci nella nebbia. Improvvisamente la foschia si dirada, un bel pendio che si restringe in un canale pare sia la via possibile per alzarci e notiamo che termina verso la cresta antistante la vetta. Ci avviamo, nonostante la neve sia alta e grosse rocce affiorino scure dalla sua superficie. La nebbia si alza completamente e riscopriamo un cielo blu e luminoso accompagnato da un sole caldo, affondiamo nella neve sicuri di aver trovato il passaggio giusto. Junior si diverte ad allenarsi sulle rocce di granito che punge le mani e noi lo seguiamo visto che qualche scalatina non ci sta mai male. Scavalchiamo una lunga costola rocciosa che scende a sud della vetta ed entriamo nel vallone visto dal basso. Si affonda nella neve alta e, dopo un tratto ripido, ci troviamo su di una cresta finale veramente divertente, lunghi strati di rocce orizzontali offrono la possibilità di passaggi che fanno sbuffare e grattano le mani. E’ una parete non difficile segnata da una moltitudine di rocce e con neve alta, la saliamo abbastanza rapidamente mentre il gruppo si divide, alcuni avanzano più velocemente mentre altri si prendono un poco più di tempo; cosa possibile visto che siamo negli orari di salita stabiliti ed il sole caldo rallenta un poco. In alto vediamo Davide, Loredana e Stefano che, arrivati alla vetta, ci salutano ed aspettano sorridenti scattando foto alla nostra fatica appollaiati sulle grandi rocce della cima decorata da una specie di croce formata da un piccolo mucchietto di bastoni. Giovanni da una mano alla giovane Sara ed al suo amico Oliver a superare i punti più difficili ed entrambi lo ripagano a loro modo con un sorriso ed una scodinzolata. Finalmente anche il resto del gruppo è in cima, siamo a 3250 metri di altitudine, sono le due del pomeriggio, grandi complimenti a tutti e un poco di riposo ammirando lo spettacolare panorama che si offre agli occhi; molte delle nostre precedenti mete sono li a portata di mano, i canali del Denza e del Cercen e poi la Presanella, pare la cartina delle nostre esperienze passate e, guardandole, ancora non sono certa di esserci veramente arrivata. Fa caldo anche se il vento che soffia è freddo, si mangia, si beve un poco chiacchierando e poi si riparte. Alle nostre spalle la cresta prosegue innevata e coperta dalla nebbia, Sergio la controlla per un tratto tallonato da Oliver che come lui non è mai stanco e tornando ci riferisce che è praticabile. Lo seguiamo e si presenta una bella crestina affilata completamente innevata che sperimentiamo con un poco di cautela. Arriviamo ad un canale che Sergio dichiara facile e, uno dopo l’altro, lo seguiamo in quel sottile passaggio nella neve, alta ma compatta, tra grossi massi di granito. E’ veramente agevole il passaggio, ed in men che non si dica ci troviamo a rimirare dal basso le vie dell’andata e del ritorno segnate dalle nostre tracce fresche. Come al solito il percorso è stato nella solitudine più assoluta, esattamente come è nello spirito del GAL. Ritroviamo le rocce della salita, lo splendido lago ghiacciato, il passo e tutto il resto. Si scende velocemente ed in ordine sparso mentre la stanchezza comincia a farsi largo. Poche parole ma sorrisi sempre, la condivisione di queste esperienze crea un filo mentale che corre tra noi e fa, talvolta, sembrare superflui i discorsi, ci sorprendiamo a capirci comunque e sapere quello che passa nella testa di ognuno. Lanciando occhiate alle nostre spalle salutiamo silenziosamente la nostra cima, forse sconosciuta ai più ma veramente bella, panoramica e godibile mentre puntiamo il rifugio che, rapidamente, oltrepassiamo dopo una piccola sosta. Ora la facile spianata che ci da un attimo di sollievo e poi proseguiamo nel pomeriggio soleggiato addentrandoci nel bosco interminabile. Sarà alle sette passate che l’ultimo contingente del gruppo si unirà agli altri alle auto e concluderà questa avventura durata quasi dodici ore. Cambio di abiti e poi via a cercare un poco di cibo ben meritato. Andrea, Davide, Davide Jr., Giovanni, Sergio, Stefano, Loredana, la dolce Sara, io ed Oliver, bel gruppo che ha saputo, come sempre, raggiungere la vetta prefissata. Eccezionale la vita in compagnia della montagna!
Marina Livella
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