IL CASTELLO DELLE STREGHE

Canale Pizzo Camino          2 dicembre 2007

Bella l’idea, si ritenta Pizzo Camino, itinerario che alcuni mesi fa abbiamo provato senza raggiungerne la vetta, ora pensiamo proprio di farcela; ma il destino a volte è strano, scopriremo infatti che nemmeno questa è la volta buona.

            Alle otto siamo a Schilpario, il caratteristico paese è freddo e solitario, Davide, Giovanni, Luca, il cane alpinista Oliver, Rinaldo, Stefano, ed io ci avviamo verso le otto su per un viottolo cementato e ripido. Si chiacchiera nonostante la fatica addentrandoci nel bosco silenzioso, fitto di muschio verde ed abeti imponenti, in cui il cantare di un torrentello è l’unico suono oltre alle nostre risate.

            La neve si fa visibile dopo poco, dapprima come energica brina, poi come ghiaccio e neve vera; alzando lo sguardo il gruppo di monti innevati e già illuminati dal sole che ci sovrasta è un tantino temibile, incrociamo un cartello che dà la salita fattibile in tre ore e mezza, si vedrà.

            Si passa una specie di malga e notiamo divertiti una grande quantità di vecchie vasche da bagno disseminate ovunque, sono abbeveratoi, veramente poco ecologici, per le mandrie di mucche che sicuramente pascolano l’estate su questi prati.

            Sempre salendo lungo il sentiero normale segnato da vecchie tracce fonde ci vediamo costretti ad indossare i ramponi, arriviamo quindi ad una sella contrassegnata da un roccione conosciuto come Corna Busa; il panorama è uno spettacolo che lascia a bocca aperta, l’anfiteatro di cime è maestoso, ben innevato e già prepotentemente soleggiato, ci fermiamo a riposare un poco poi ripartiamo; un grazie ad Oliver per aver prontamente recuperato la mia cuffia scivolata in fondo ad un piccolo canale.

            Nel frattempo i miei impareggiabili compagni hanno localizzato la nostra meta ed ora ci spetta un lungo traverso su sfasciumi fortunatamente sepolti dalla neve, sempre percorrendo il sentiero numero 423, per aggirare una piccola cima ed imboccare un canale che dovrebbe portare dritti alla cresta.

            Oltrepassiamo anche gli ultimi radi abeti ed arriviamo a costeggiare una grande parete di roccia che solletica la nostra passione per l’arrampicata, il cammino è facile poiché la neve è solida e dura. Breve sosta e poi ancora su, sotto ad un sole abbagliante, puntando il canale visto dalla sella.

            Un attimo per immortalare un buco che trapassa una piccola cima di roccia chiara e lascia scorgere il blu intenso del cielo dall’altra parte, pare un grande occhio che ci osserva salire su per quei ripidi di vecchie slavine a duri grumi di neve.

            Lasciamo anche la bella visione di un abete solitario a guardia di una selletta candida e proseguiamo svelti; alle nostre spalle i monti paiono sempre più alti ed innevati e sottolineati da nuvole che a tratti li nascondono. Siamo all’attacco del canale, iniziamo allegri la salita, Oliver ci corre attorno instancabile e Davide, Giovanni e Stefano si alternano a fare traccia; la pendenza non preoccupa, nulla di difficile, con qualche piccola curva il pendio, che vediamo privo di tracce di precedenti salite, si srotola verso l’alto dove vediamo una piccola sella attenderci.

            La neve si fa un poco alta con tratti ghiacciati che divertono molto, io seguo le tracce dei miei compagni chiacchierando con Luca e Rinaldo; a metà del percorso guardando all’insù Luca vede Oliver in difficoltà, osserva che in alto il canale si impenna, io ne sono felice ed accelero il passo, da tanto tempo avevo voglia di un bel canale ripido.

            L’osservazione di Luca era esatta, dopo aver passato un saltino mi trovo a dover affrontare un tratto veramente ripido, ma le tracce sono perfette e la picca entra nella neve decisa e sicura, dopo poco sono alla sella, sull’altro versante c’è un nuovo eccezionale panorama.

            Stefano nel frattempo sta già affrontando una paretina mezzo innevata che sale decisa verso l’alto, sopra si intravede il proseguimento della cresta; è tallonato da Oliver e subito seguito da Davide e Giovanni. Io sono poco dietro ma a metà mi fermano, non sono sicuri del percorso, la vetta è ancora distante, mezzogiorno è passato e la roccia non pare solida.

            Luca alle mie spalle osserva la salita di Rinaldo, ch’esente essere in difficoltà da sotto la sella, dice che si è creato un gradino alto di neve friabile e fatica a superarlo; sopra vedo i miei compagni riflettere su cosa fare. Dopo un breve consulto decidono di tornare indietro, la salita non è sicura ed il percorso sconosciuto quindi non vale la pena rischiare; dopo l’attenta ricerca di una roccia sicura fanno una sosta e Davide cala Stefano e poi Giovanni con Oliver. Dal basso organizziamo una sicura per Davide che scende per ultimo quindi ci ritroviamo finalmente tutti assieme alla sella.

            Anche questa volta niente vetta, scopro che da molto tempo il GAL la rincorre sul Pizzo Camino, ma il destino a cui prima accennavo è proprio strano e seppur regalandoci una salita eccellente ci  priva della cima; quattro risate annullano l’importanza di questo argomento, abbiamo altro a cui pensare.

            I ragazzi decidono di utilizzare la sosta anche per superare il tratto più ripido del canale, Davide mi passa la corda e mi assicuro, sarò la seconda ad oltrepassare il saltino friabile più sotto, il primo è infatti Oliver che impaziente si tuffa giù per il pendio e, tra un coro di meraviglia ed invidia, lo vediamo raggiungere tranquillo la seconda metà del canale.

            Parto anche io, pianto picca e bastoncino e, ricalcando le tracce supero il tratto più ripido, ancora qualche metro poi scopro che la difficoltà dell’ostacolo è rappresentata da una roccia un poco liscia. Proseguendo ho il mio daffare con un batuffolo peloso bianco e nero chiamato Oliver che ora cerca ostinatamente di risalire la roccia incappando nelle mie gambe mentre scendo; arrivo ad un pianettino e cedo la corda agli altri che velocemente mi raggiungono.  

Un sospiro di sollievo, dopo il saltino roccioso il canale non dà altre sorprese, prendiamo la discesa spinti dal freddo dovuto all’ombra prolungata, in basso vediamo parte della base del canale illuminata dal sole e questo ci fa accelerare il passo. Giovanni si lamenta per la fame; è necessaria una sosta.

Il tragitto verso la pausa agognata pare non abbia fine, ormai scaldati dal sole e faticando a staccare gli occhi dai monti che abbiamo ora alle spalle, tra risate e chiacchiere di ogni genere Luca fa una affermazione che segna l’avventura del giorno: “pensate ragazzi, le montagne fanno l’amore con il cielo….” e Giovanni aggiunge: “e creano le nuvole…”.

Pareva una battuta ma io alzando gli occhi al cielo per guardare le nuvole candide che spiccavano nel blu intenso ho pensato che poesia e monti vanno veramente di pari passo; certo è che queste poche parole mi sono restate in testa finchè sono riuscita a fissarle su queste pagine e difficilmente le scorderò.

Ci riuniamo per mangiare, ancora risate e commenti molto positivi sull’avventura che stiamo portando a termine, cercando a vista, sul monte appena disceso, le nostre tracce sinuose che segnano il “nostro” canale.

Con il sorriso sulle labbra superiamo gli sfasciumi coperti dalla neve oramai molto morbida, il lungo traverso, lo spuntone di roccia con l’occhio blu e ci ritroviamo in vista della vallata coperta di abetaie.

Troppo presto arriviamo alla sella dove ci si attarda ad esplorare la Corna Busa, roccia solitaria che ricorda un leone accucciato, su cui è collocata una Madonnina bronzea a guardia dei monti; è una specie di corta galleria con il soffitto basso e bucato da cunicoli che ricordano una grotta verticale. Pare una vedetta che permette la visione dell’orizzonte a 360° eccezionalmente composto da una continuità di cime che ci spingono a scattare immagini su immagini quasi a voler rubare per sempre alla natura quegli attimi che donano pace e grande felicità.

Non ci resta ora che riprendere il sentiero nella neve che scende veloce a valle; con grandi passi ed il cuore leggero ripercorriamo la via della mattina.

Alla malga ci liberiamo dei ramponi, raggiungiamo le abetaie silenziose e ci tuffiamo nella penombra dei rami fitti sopra le nostre teste.

Ritroviamo il sentiero cementato e, mentre il suono dell’acqua che scorre nel torrente si fa più nitido e tocchi di campana ci riportano bruscamente al mondo di tutti i giorni, arriviamo alle auto.

In alto le nuvole, figlie dei monti, ci osservano ……………..

  

                                           Marina Livella