IL CASTELLO DELLE STREGHE

     Pizzo Becco                    11 novembre 2007            

Le Orobie, monti che da tempo non vedevamo; è domenica prima dell’alba, un bel gruppo del GAL si ritrova per provare una vetta nuova, Pizzo Becco e già il nome, di prima mattina nonostante il freddo intenso che confonde, suscita battute di ogni tipo.

            Il viaggio è tranquillo ed arrivando a Carona, nella provincia bergamasca, vediamo come di neve sui monti attorno non ce ne sia ombra, certo, era il nostro sogno, ma non fa nulla.

            Partiamo percorrendo un sentiero agevole a grandi lastroni di pietra talvolta ghiacciato e piacevolmente immerso nei boschi già diradati dall’autunno inoltrato; chiacchierando si arriva presto ad un ponte in pietra e poi ad un bivio che indica la direzione per i laghi Gemelli, manca un’ora al rifugio.

Ancora su sino ad un grande lago tranquillo, è il Lago Marcio, lo costeggiamo lungo un sentiero che offre una coreografica immagine di quel lago dal nome nefasto e dal panorama stupendo, certo, visto dall’alto è proprio scuro; molte le supposizioni, non sappiamo proprio spiegarci da cosa sia procurato il marrone di quelle acque che si intuiscono comunque molto limpide.

Si prosegue in piano ammirando le rive che ospitano schiere di abeti grigi che spiccano sulla vegetazione verde cupo e si specchiano, come tutto attorno, nelle acque ferme del lago.     Sostiamo sulla riva per consultare uno dei tabelloni riportante tutti i percorsi fattibili della zona, non troviamo traccia della ferrata che costituisce la nostra meta, poco importa, i miei ottimi compagni la trovano sicuramente; ripartiamo svelti.

Ancora poco ed arriviamo alla casa del custode, poi al Rifugio Laghi Gemelli, imponente edificio con annesso un bel invernale comodo, mangiamo qualche cosa facendo il punto della situazione; la giornata è limpida e godibile anche se veramente fredda ed alzando lo sguardo vediamo i monti più alti spruzzati di neve.

Un breve percorso in piano poi appare il Lago Becco e poco dopo il Lago Colombo con la sua grande diga che mi dicono essere stata costruita negli anni ’40, l’altitudine è 1800 metri, il sole ci accompagna luminoso nel cielo azzurro fiammeggiante di nuvole candide e noi, dopo aver ammirato quelle acque limpide, la traversiamo battuti da un vento gelido che fa trattenere il fiato.

Camminando osserviamo come questo percorso sia tutto un susseguirsi di laghi e dighe, tanto che fatico a ricordare i nomi che i miei amici snocciolano passando; dopo la sorpresa del primo lago dal colore un poco strano sono arrivati gli altri dall’aspetto di veri laghi di montagna tanto azzurri da sembrare specchi che riflettono il cielo che li sovrasta. 

Altra sosta poi via, ora basta scherzare, davanti a noi si erge il bastione di Pizzo Becco con la sua pietra grigia e nuda, la cresta frastagliata e la croce sulla vetta; tagliamo il sentiero segnalato che porta alla ferrata diritti su per i prati; vogliamo riprendere Marco, quel ragazzo oggi va come un treno e già si è dileguato su per i pendii gialli e ripidi.

Il cielo blu è un magnifico sfondo per il grande monte roccioso che rappresenta la nostra meta e sul lato opposto della vallata, vette innevate di cui non conosciamo i nomi ma che salendo catturano l’attenzione di Giovanni e Sergio. Ecco un bel canale poco innevato sottile e ripido che taglia di netto una montagna sconosciuta, sarà l’argomento per un lungo tratto di salita ed oggetto di molti scatti fotografici; rappresenta una bella sfida per il GAL.

            Nel frattempo il nostro avamposto, Davide, Marco e Junior arrivano all’attacco della ferrata; li raggiungiamo giusto per vedere Davide che, come al solito, pensa bene di salire prendendo uno spigolo lontano dalla catena. Con il fiato sospeso lo osservo arrampicare tranquillo mentre asserisce che la roccia è terribilmente liscia; lo accompagna il mio cuore in apprensione che si sentirà sollevato solo quando lo vedrà sorridente sulla vetta.

            La nostra prima meta è un enorme roccione rettangolare che sta alla sinistra di una grossa spaccatura mentre a destra vedo una alta parete giallastra e liscia; un piccolo ripido ed ecco la ferrata, che in alcuni punti pare veramente verticale.

E’ un percorso breve mi dicono, circa 50 metri di salita che io attacco utilizzando di frequente la catena, in alcuni punti la roccia è talmente liscia da non avere alternative, gli appigli infatti sono scarsi e stondati, certo è che salendo comprendo bene i borbottii di Davide circa la roccia liscia.

Dopo i primi metri all’interno di un grande diedro in ombra trovo uno sperone roccioso che mi mette in difficoltà, poi un breve punto semplice e su per un altro tratto verticale ed esposto. Sbuffando mi fermo e vedo in alto la grande roccia a parallelepipedo, è la mia meta, ancora qualche difficoltà su di un altro muro un poco liscio e finalmente un pianetto erboso ed uno sviluppo semplice che mi ridona fiato.

Non ci si stupisce molto dell’usura della via, anche in quella giornata di tempo incerto e freddo intenso infatti troviamo molte persone che percorrono il nostro stesso itinerario. Scopriamo che è una via molto frequentata ed in quei pochi metri di ferrata incrociamo pure tre ragazzi che Stefano conosce e con cui scambia qualche parola.

              Eccomi alla sella chiamata Forcella del Valico, ora il percorso è facile anche se un poco franoso, la cresta prosegue senza grandi difficoltà, negli anfratti si trova persino qualche spruzzata di neve che calpestiamo felici ma si deve fare attenzione ad alcuni punti che il freddo ha ghiacciato e sono traditori; sul percorso troviamo a tratti dei pezzi di catena che agevola il superamento di brevi salti di roccia.

            Qualche piccola salita che offre appigli facili e dei punti pianeggianti ci fanno arrivare velocemente alla vetta; il panorama è stupendo, gli strapiombi attorno sono di roccia liscia ed a lastre tanto vertiginose da non permettere alla neve si depositarsi, le vette che ci circondano sono poco innevate ma bellissime e coronate da un cielo azzurro scuro rigato da nubi lunghe e leggere ed i laghi, visti salendo, dall’alto paiono di piombo fuso, in lontananza una grande quantità di catene montuose tra cui il Bernina, che ricorda belle salite del GAL.   

            Ecco il bel gruppetto dei miei compagni che attorniano la croce di vetta e mi attendono per i complimenti di rito; foto, risate ed un poco di cibo, un piccolo consulto per decidere il percorso di rientro poi, spinti dal vento freddo, partiamo ripercorrendo la via conosciuta.

            Come sempre il ritorno pare troppo veloce, ancora la bella cresta con i suoi strapiombi che rotolano fino alle valli sottostanti, il percorso ghiacciato che con il passare delle ore si è un poco rammollito ed è più agevole, e poi la ferrata che al rientro scendo con la catena in mano mentre Jr., che mi è appena sotto, percorre sostenendosi solo con la roccia.

            Eccoci alla base, ancora il declivio erboso ed i prati spazzati dal vento che, scendendo, si è fatto più clemente.

            Ancora insieme, Giovanni, Sergio ed io camminando torniamo a valutare l’allettante canale al di la della vallata. Breve sosta al primo lago e poi, quasi di corsa, giù superando laghi e dighe che si susseguono sotto ad un sole che, abbassandoci di quota diventa sempre più caldo.

            Un’ultima occhiata passando lungo il Lago  Marcio, riflettiamo su come quelle piccole spiagge ad un passo dai bei monti rocciosi rappresentino di sicuro, nei periodi estivi, meta per una grande quantità di villeggianti ed escursionisti.

            Siamo al bosco odoroso di muschio, passo dopo passo il facile percorso finisce e molto velocemente ecco le auto; un cambio di abiti e siamo pronti per la partenza.

            Il pomeriggio inoltrato ci fa percorrere il viaggio di ritorno senza alcuna sosta, siamo soddisfatti della giornata appena trascorsa, certo è che i monti delle valli bergamasche sono proprio godibili e ci ripromettiamo un’altra visita a breve per continuare l’esplorazione cominciata.

            Davide, Davide Jr., Giovanni, Marco, Sergio, Stefano ed io salutiamo.

 

                                           Marina Livella