Nord monte Cercen 20 maggio 2007 Massiccio dell’Adamello, gruppo della Presanella, qui si trova il monte Cercen all’ombra della più blasonata ed ambita vetta principale che lo oscura e vede una moltitudine di cordate raggiungerne la vetta mentre il Cercen rimane appartato e la sua povera e scarna croce è raggiunta da pochissimi alpinisti. Tra questi ci siamo noi, sempre alla ricerca di itinerari nascosti dove è possibile ammirare il panorama in completa solitudine ma anche realizzare splendide salite. Molte volte ho osservato dal Passo del Tonale la vetta ed il suo versante nord con il bel canale che porta diritto verso la cima. Il primo tentativo è del 2005, fallito per mancanza di neve, di quel fine settimana ricordo comunque il bel bivacco all’aperto; fu uno dei più esilaranti che abbia mai fatto ed io, Davide, Fabio e Franco ridemmo a crepapelle per una buona mezz’ora prima di addormentarci. Anno 2007, secondo tentativo, questa volta si sale da Val Presena, accesso assolutamente sconosciuto, la decisione su dove andare dobbiamo prenderla già alla macchina, non si può sbagliare, poche ore e sarà buio. Si decide, imbocchiamo una stradina sperando sia quella buona, dato che le segnalazioni sono assenti. Fortunatamente è la via giusta e ci porta alla spianata giù nella valle, individuato il percorso dal basso risaliamo una valletta secondaria guadando innumerevoli volte un torrente su grossi massi con il condimento di una vegetazione bassa che ostruisce il passaggio, operazione parecchio faticosa con gli zaini pesanti. Una cascata ci chiude la via, cosa si fa, Davide perlustra a sinistra e trova un passaggio che ci porta al di sopra dell’ostacolo, siamo sulla morena dell’antico ghiacciaio che scende a nord del Cercen e dopo una serie infinita e ripida di blocchi di roccia instabile improvvisamente ci ritroviamo davanti lo spettacolo della bastionata nord del Cercen e della Busazza insieme col nostro canale innevato al punto giusto e pronto per essere salito. Col sole oramai tramontato, sulle sponde di un tranquillo laghetto e sovrastati dalle due enormi ali della morena, ognuno di noi si trova un posto per dormire. Materassino leggero, sacco a pelo, un ritocco al terreno ed in breve eccoci pronti. Risate a non finire per l’improbabile sistemazione ad “L” sopra ad un sasso di Samuele e sotto ad un cielo immensamente stellato che ci copre benevolo, Davide, Davide Jr, Francesco, Giovanni, Marina, Samuele e Stefano si addormentano o così sperano. Sveglia di buon ora, lasciato il materiale da bivacco sotto a dei massi, si parte. I commenti sul bivacco sono tutti favorevoli anche se si è dormito poco, si calca la neve dapprima parecchio fonda ma mano a mano che saliamo si fa più dura e dopo circa un’ora siamo all’imbocco del canale. Ci si alterna davanti ma Samuele pare abbastanza ispirato e contento dell’avventura e ce la mette tutta per fare traccia, il canale non è molto ripido e cerchiamo a sinistra qualche cosa di emozionante, troviamo alcune roccette che affiorano dalla neve e ci divertiamo parecchio. In perfetta fila indiana saliamo fin dove il canale si allarga e sfocia a sinistra sul ghiacciaio della Presanella, la fine dalle prima parte è segnata da un fiabesco spuntone roccioso da noi molto fotografato; finalmente il sole ci inonda e ne approfittiamo per una sosta prima dei 150 metri finali che sono i più difficili e belli. A destra dell’uscita vediamo delle grandi cornici molto suggestive che delimitano la fine del canale, gli ultimi metri sono eccitanti e molto ripidi e sono solo visi soddisfatti che vedono Samuele prendersi l’onere e l’onore dell’uscita. Come un consumato ghiacciatore pianta la piccozza al di la della cornice e con un sorriso grande come il mondo lancia un urlo liberando tutta la sua felicità. Esultiamo tutti, uno alla volta ricalchiamo le tracce e ci ritroviamo sulla cresta ad abbracciarci emozionati per la bella avventura che stiamo vivendo. Si riparte, ancora quindici minuti e siamo in cima a 3280 metri di quota, come previsto siamo soli mentre in Presanella file ordinate salgono in vetta dal Denza. Il sole splendente ed il panorama magnifico coronano questa due giorni iniziata con un bivacco che per alcuni era il primo ed ha visto la soddisfazione di tutti; la salita non è stata difficile ma si è svolta in un luogo isolato come piace a noi. Lunga sosta in vetta al tepore del sole poi discesa per la normale fino ad imboccare un canale individuato durante la salita che ci riporta al bivacco per un’ultima foto da spedizione Hymalaiana con alle spalle il canale che per qualche ora è stato solo nostro. Auguro a tutti di poter vivere le stesse emozioni che noi proviamo ogni domenica, facile o difficile che sia la salita l’importante è sicuramente andare. Ciao a tutti! Arici Giovanni Due Picche Blù Trovo sia sempre più difficile esprimere quanto provo durante le esperienze che condivido con il gruppo del GAL su e giù per i monti della Lombardia, nulla di estremo né di esotico certo, ma talmente piene di emozioni da essere difficilmente descrivibili, questo probabilmente è dovuto alla mia estrema inesperienza sia come alpinista che come reporter, parole entrambe troppo grosse per definire la mia persona, ma l’ansia di comunicare quanto ho vissuto mi fa tentare ogni volta. Quindi nuovamente qui a raccontare l’ultima avventura mentre i ramponi scolano nel lavandino ed i muscoli dolgono sordi. I ricordi sono vividi, la partenza alle tre del pomeriggio di sabato verso il Passo del Tonale, l’arrivo alla strada che conduce alla palude Presena tre ore dopo, siamo in sette, Davide, Davide Junior, Francesco, Giovanni, Samuele, Stefano ed io, la solita femmina tra i piedi! Piccola sosta sotto al sole cocente ammirando il gruppo montuoso in cui si scorge la nostra meta, il canale del Cercen che pare una cartolina; io cerco di non guardare, mi pare assolutamente stupendo ma impossibile. Dopo poco parcheggiamo le auto a circa 1800 metri di quota e ci attrezziamo, gli zaini sono pesanti ma ci ridiamo sopra imboccando il sentiero che porta verso la vallata che dobbiamo passare per salire alla morena. Traversiamo quindi una valletta in piano, scendiamo a 1700 metri di altitudine e cominciamo a seguire il corso del fiume, curiosa la spiaggetta di vera sabbia fine e bianca che vediamo costeggiare per un tratto lo scorrere dell’acqua; pareva di essere al mare! La via si fa ripida e, finiti i prati, dobbiamo fare i conti con rocce instabili e difficili, guadiamo il fiume mille volte saltando sui massi ed altre mille ci troviamo ad oltrepassare boschetti di bassi alberi privi di foglie che sbarrano il passo, inesorabili ed ostinati, graffiandoci viso e braccia. Difficile godere della bellezza di quella vallata, l’urgenza è arrivare in cima alla morena prima del buio, quindi testa bassa e su veloci lasciandoci alle spalle anche gli arbusti. Il percorso è inventato di volta in volta da Davide che conduce il gruppo, sa dove è la meta, ma la via è da trovare, grande impegno quindi che evidenzia l’estrema bravura del suo andare. Si supera una cascata del fiume, ora tumultuoso, inerpicandosi sulla sinistra e seguendo una specie di sentiero sicuramente creato dal passaggio di animali che è solo una traccia e poi lunghi traversi su terreno sabbioso ed alla fine vediamo la sottile valle trasformarsi nella morena che andavamo cercando. Grande immensità di rocce che terminano in alto in una sella da cui spunta la serie di vette del gruppo Presanella bianche di neve immacolata. Ora non seguiamo più il torrente, cerchiamo solo il modo più rapido per raggiungere la sella, la stanchezza è tanta e le gambe sono sfinite. Continuamente mi dico che è stupido rinunciare durante la salita ma il mio cervello manda messaggi che alzano bandiera bianca, rimango indietro, Giovanni paziente mi aspetta, suggerisce i passaggi e mi fa ridere. Raramente alzo la testa poiché la sella pare non si avvicini mai, ed i monti bianchi un lontano un miraggio; mi sento depressa. Ma tutto ha una fine ed anche io arrivo in cima, piccolo attimo di riposo accano ad un minuscolo laghetto torbido da dove si possono ammirare le due ali della morena creata dal ghiacciaio che anticamente scendeva a nord del Cercen e poi l’ultimo breve tratto fin dove il resto del gruppo si sta organizzando per il bivacco. Arriviamo, sorrido debolmente a Davide che, rilassato, sta spianando qualche metro quadro di terreno per il bivacco, lui mi apostrofa con un “salita ostica vero?”, ridiamo tutti assieme e guardiamo la nostra meta che la luce del crepuscolo rende ancora più affascinante e temibile. I ragazzi sono sistemati, chi su lastre di granito liscio chi su fazzoletti di sabbia fine strappata a grossi ciottoli di granito; anche noi tre riusciamo a ricavare qualche metro di sabbia morbida su cui stendere due teli termici e troviamo così il modo di riposare comodamente nei nostri sacchi a pelo. Qualche foto ricordo e qualche ripresa nel buio che avanza, poi a dormire tra battute e risate avvolti in tutti gli indumenti che avevamo a disposizione; verso le dieci sette paia di occhi incantati ed assonnati fissavano il cielo scuro ed incredibilmente stellato sopra a quella morena a 2400 metri di altitudine sognando quanto il giorno dopo avrebbe regalato. Ci siamo addormentati quasi di colpo tanto eravamo stanchi ed è stato bellissimo durante la notte svegliarmi e, socchiudendo gli occhi, sorprendermi ad ammirare le stelle, non un soffitto ma delle “vere” stelle limpide ed enormi e riaddormentarmi ascoltando il rombo provocato da rocce che rotolavano giù da una ripida morena vicina; niente timore, non ero un’estranea in quei momenti, ero parte della natura, anzi, ero nella pancia della natura, ero sua figlia non so quanto voluta ma certamente non disdegnata e di questo molto orgogliosa. Sveglia alle quattro, non fa molto freddo, la notte è stata ristoratrice, siamo motivati e sorridenti, facciamo una specie di colazione, arrotoliamo i sacchi a pelo e ci prepariamo per la salita; decidiamo di lasciare tappetini e sacchi a pelo al bivacco, gli zaini si alleggeriscono e le nostre schiene ce ne sono grate. La partenza verso le cinque fa in modo che sia già possibile vedere il canale, il crepuscolo è avanzato, tutto è dipinto di blu ed azzurri che rendono irreale il nostro andare, sulle vette già si scorge il sorgere del sole, traversiamo il resto della morena ed arriviamo al conoide di partenza, lì finiamo di attrezzarci e iniziamo la salita affondando nella neve che ora si è fatta abbondante. Siamo tutti sorridenti e come sempre molto affiatati, bello sentire che tra noi c’è una corrente d’affetto che non si interrompe mai, la stanchezza di ieri è dimenticata e già si intuisce che la giornata sarà di sole splendido, il canale è lì, troppo bello per essere vero, poche parole, meglio razionare il fiato e le energie, vediamo il sole illuminare l’uscita che andremo ad affrontare tra poche ore e la vista di tutto ciò ci fa quasi accelerare il passo. Sono le sei e mezza circa, la neve è bella, dura e sicura al punto giusto, le picche affondano ed i ramponi tengono benissimo, la salita inizialmente non è molto ripida, passiamo una curva delineata da una grossa roccia, il canale ora si è raddrizzato e si può osservare il suo svolgersi fino allo slargo dove mi dicono si potrà vedere il ghiacciaio e poi più su fino alla sella. Saliamo in ordine sparso e coloriamo quella striscia di neve intonsa ficcata tra alti roccioni solo spolverati di bianco, ora si fa più ripida, è una sensazione irripetibile salire su per quei 700 metri di canale e come sempre la fatica non si sente, l’unico desiderio è quello di prolungare quei momenti per goderne all’infinito. Superata la prima metà del canale siamo alla grossa roccia aguzza che sulla sinistra fa da guardia al ghiacciaio, pochi passi e finalmente ne abbiamo la vista completa, la curva che dallo sperone sale in alto è apparentemente dolce e geometricamente perfetta, tutto pare coperto di panna appena spalmata da una mano di pasticcere esperto, Giovanni ci si inoltra per riprendere la nostra salita e, da lontano somiglia ad un moscerino volato lì ad assaggiarla. Per un bel tratto non siamo più veramente nel canale ma dentro ad un grande pendio, sfioriamo il ghiacciaio e calpestiamo quell’incredibile mare di neve sotto ad un sole caldissimo. Ci dirigiamo un poco verso destra, torniamo in ombra, la meta è lassù che ci invita a non fermarci, certo dobbiamo farlo per forza ogni tanto poiché ora la fatica comincia a farsi sentire ma sono solo brevi soste tecniche. Giù molto in basso vediamo la valle che comincia a colorarsi, la pendenza è sempre più decisa e Davide, vedendo che non manca molto all’arrivo incita Samuele ad andare avanti, lui non se lo fa ripetere e va deciso, gli mancava un’esperienza simile e non sta più nella pelle. Gli ultimi metri, Giovanni ci scatta mille foto, guardo in alto e vedo le picche di Samuele alzarsi sopra la sua testa, è in cima e grida felice illuminato dal sole, dopo poco anche gli altri balzano sulla sella ed anche io, da buona ultima affondo le picozze nell’alto strato di neve che strapiomba con una leggera cornice verso di me e con un ultimo sforzo raggiungo i miei compagni. Uno stupendo panorama di picchi e creste aguzze che affiorano da un mare di nebbia è ciò che vedo tra un abbraccio e l’altro, siamo al settimo cielo, ridiamo e parliamo tutti assieme, fa caldo, un poco per lo sforzo ma anche per il sole che batte su quella sella candida. Non ci fermiamo, ci attende la vetta, percorriamo un bel tratto di cresta completamente innevata, ci divertiamo con un poco di misto e finalmente siamo in vetta a 3280 metri di altitudine e sono solo le otto e 17 del mattino. Ci distribuiamo sul quel breve declivio attorno ad un bastone piantato nella neve che dovrebbe forse essere la croce di vetta, mangiamo qualcosa seduti su comode rocce che affiorano dalla neve; ci sentiamo bravi, ridiamo felici tra un boccone e l’altro e ammiriamo il panorama limpido che spicca violentemente nel cielo blu scuro attraversato dalle linee bianche degli aerei di passaggio. Attorno a noi mille vette, il Pian di Neve e la parete nord dell’Adamello ancora coperta di neve e verso est la pala nord del Carè Alto, lontano a noi spiccano le creste del monte Baldo ed altre ancora. Dopo un momento di meritato relax si riprende il cammino, nuovamente la cresta superando la nostra uscita di poco prima che oltrepassiamo dirigendoci alla punta minore del Cercen per poi puntare uno stretto canalino che ci porterà diretti sul ghiacciaio della via normale per la Presanella dal Denza. Bel percorso dove possiamo cimentarci anche con tratti di misto in discesa che danno molta soddisfazione, non molto difficili ma da affrontare con cautela. Siamo quindi al primo canalino di discesa, dopo la sella innevata troviamo alcune roccette da sperimentare e poi ancora neve alta e abbastanza solida; in alto lasciamo rocce nude che somigliano a corte dita puntate verso il cielo ed il nostro cuore che si è fermato su quella vetta e si rifiuta di abbandonarla. Nuovamente sfioriamo il ghiacciaio e lo oltrepassiamo. Ci concediamo una breve sosta su grossi massi dove ci lasciamo accarezzare dal vento leggero e dal sole forte, ora la stanchezza si fa sentire energica, percorriamo un breve tratto della Cresta di San Giacomo che porta al passo omonimo proprio sotto la Cima Pozzi, dopo poco individuiamo l’ennesimo canale che, deviando, ci vede scendere velocemente verso la morena di partenza. Sono le 12 quando raggiungiamo il nostro bivacco, ogni scusa è buona per una sosta e ne approfittiamo pure prolungando di un poco il tempo necessario per recuperare quanto avevamo lasciato. Con mille sguardi al cielo blu decorato da grosse nuvole candide che fa da sfondo al nostro canale tornato implacabilmente troppo distante scattiamo alcune foto al nostro bel gruppo di sette sorrisi soddisfatti, carichiamo gli zaini in spalla e ci prepariamo a percorrere la morena e poi la complicata valle del torrente brontolando non poco. Ritroviamo i massi instabili e poi le chine franose, i bassi alberi che impediscono il passo ed i saltini di roccia; sosta ad un ruscello di acqua fresca che calma la terribile sete accumulata e da una pausa ai muscoli dolenti. Il rientro ci sorprende, è comunque più breve ed agevole dell’andata, questo dovuto anche all’esperienza accumulata da Davide il giorno precedente. Dopo il fiume ritroviamo i prati ora popolati da gitanti e pure da una bella vipera spaventata che guidiamo con i bastoncini verso i cespugli sul bordo del sentiero. Sono le 16 e 30 quando vediamo le nostre auto, ci cambiamo allegri sbocconcellando un pezzo di torta. Piccola sosta a Vezza d’Oglio per bere qualche cosa e commentare la bella salita che io non credo ancora di aver veramente compiuto. Grazie a tutta la compagnia per aver saputo affrontare come fossimo cosa unica questa avventura ma grazie soprattutto a Davide e Giovanni, amici d’eccezione, per averci dato la possibilità di viverla e di farmi usare per la prima volta le bellissime picche blu che conservavo intonse per un’avventura speciale.
Marina Livella
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