IL CASTELLO DELLE STREGHE

Cima monoccola               6 Maggio 2007

Si parte tardi domenica, il canale del Denza è ancora attaccato ai nostri muscoli e non c’è voglia di grandi salite, quindi Giovanni pensa ad un percorso facile, la mattina però ci sentiamo un poco abbandonati dal gruppo, tutti hanno da fare e siamo soli.

            L’allegria non manca comunque, andando verso il bel paese di Ceto abbarbicato alle pendici del monte e poi girando verso Val Paghera, non quella delle cascate di ghiaccio, bensì un’altra che io non conosco. Certo è che preferisco località di montagna che non ho mai visitato e Giovanni, in questo campo, ne sa una più del diavolo. 

            A Ceto tagliamo su per una curva a gomito ed iniziamo una via molto stretta che pare non finire più, immersa nel bosco fitto verde ed ombroso; passiamo un ponte altissimo sopra ad una forra a strapiombo. Sotto si intravede un torrente che scorre veloce un poco nascosto da arbusti, è un’immagine veramente particolare e fermiamo l’auto per osservare l’ambiente circostante.

Dopo parecchi chilometri la gola in cui passavamo si trasforma in un’ampia vallata verde, ci sono case di pietra sparse quasi ad arte, pare un paesaggio da fiaba nella fredda mattinata. Non si vede nessuno, parcheggiamo l’auto, ci attrezziamo ed Oliver il cane alpinista di Giovanni corre allegro attorno.

            La nostra meta si chiama Monte Monoccola, la vedo lontana ed innevata, 1500 metri di dislivello, poca roba per noi, tutto allenamento, ma iniziando il sentiero di cemento tra i prati sbuffo non poco. Il tempo è bello, il cielo chiaro e le nuvole bianche, nonostante il meteo sia dato sfavorevole. Speriamo che ci sia regalata la possibilità di una salita con il sole.

            Attraversiamo boschi con tronchi da poco segati e siamo avvolti da un profumo intenso, siamo  rilassati, attendiamo il momento di calpestare la neve, la vediamo lontana e quasi ci affrettiamo.

              E’ durante il primo tratto di salita che ci accorgiamo che i cani sono diventati due, oltre ad Oliver c’è un cane di media taglia nero e grigio che ci accompagna, è socievole e gioca contento con noi tre.

            Oltrepassiamo la malga Monoccola completamente coperta di erbe alte tra cui intravedo foglie di “farinelli”, buonissima specie di spinaccio di montagna che mi riservo di raccogliere tornando.

            Passata la malga guardiamo i monti attorno, torrioni lisci solo spruzzati di neve con rade erbe seccate dal sole e dal freddo che li segnano, piove leggermente ed il cielo si è coperto, seguiamo il sentiero e già vediamo la conca innevata sotto alla vetta triangolare che puntiamo

Finalmente cominciamo a calpestare neve fresca, i monti all’orizzonte sono vividi e paiono poco lontani tanto l’aria è rarefatta, fa freddo ma il cammino ci fa scaldare presto.

            Lungo la via fotografiamo piccoli fiori viola fioriti combattendo con la neve, spuntano infatti tra i cristalli gelati, troviamo anche le tracce di una persona salita prima di noi, le utilizziamo volentieri, è una giornata tranquilla e non vogliamo fare grosse fatiche.

            Osserviamo il nuovo cane che ci ha adottato, avanza oltre noi e poi, arrivato ad un dossello si ferma e ci aspetta tranquillo scodinzolando piano,  deve essere abituato alle gite in montagna.

Guardandolo ci viene una similitudine, ha lo stesso atteggiamento schivo del nostro amico Davide, è di pelo nero e grigio come lui, e come lui avanza svelto e poi ci aspetta con fare un poco sornione, ci ritroviamo a pensare che sia veramente il suo alter-ego che, incarnato in quella bella bestiola ci segue e ci tiene d’occhio, ci sentivamo infatti soli senza la sua compagnia, ma con quell’animale siamo a posto; Davide, in ogni caso è con noi.

            Ridendo per la nostra stupida e bizzarra idea avanziamo nella neve alta, piccola variantina in un canale dove io provo a fare tracce e poi ripresa del sentiero in quanto senza picca e ramponi si può fare proprio poco.

            Una sorpresa, ecco il proprietario delle orme che seguivamo, un ragazzo sorridente scende dall’alto, ci fermiamo a fare qualche chiacchiera, è simpatico, racconta dei posti dove ci troviamo e che non conosciamo molto, parla delle vipere che popolano quelle rocce quando fa caldo e delle aquile che pure hanno dimora in quella bella vallata che pare incantata.

Ci salutiamo e proseguiamo il cammino, dopo un poco siamo in vista del Bivacco Mattia, arroccato sulla cima della cresta rocciosa al Passo Monoccola e visibile per la porta rossa; per ora non è quella la nostra meta, ci attende la cresta e la vetta del monte che vediamo abbastanza nitida nel grigio della mattinata, la pioggerella ora è diventata nevischio ma si prosegue comunque.   

Tagliamo perpendicolarmente la via, pare un poco ripida ma gli scarponi tengono e si va, i cani ci seguono, la neve diventata troppo bagnata fa scivolare ma, seppur mugolando, i due cani non ci mollano, a volte cercando perfino di utilizzare le nostre tracce che per loro sono troppo fonde.

Quasi alla sella li vediamo in difficoltà, avanzano, scivolano, brontolano e valutano la situazione, dovremo dare loro una mano per farli arrivare in cima su per quella parete che non sembrava certo così ripida, ma, finalmente, cani e umani si ritrovano felici a rimirare l’altro lato della cresta aguzza e le costruzioni diroccate del primo conflitto mondiale disseminate un poco dappertutto.

Quattro leccate festose ed un’occhiata al versante opposto scarsamente innevato ma circondato da lontane vette immerse in un cielo azzurro di cui Giovanni, da ottimo conoscitore, elenca i nomi e racconta piccoli aneddoti.

E’ per poco, il grigio ci marca stretto, il nevischio continua ed anche l’orizzonte torna grigio, non importa, si va avanti, troviamo la bella cresta di rocce granitiche da percorrere, Giovanni mi invita a partire, io non mi faccio pregare e le attacco, sono abbastanza innevate da non capire dove si mettano i piedi, con molta cautela vado avanti.

Vediamo sulla sinistra la parete nevosa che scende a strapiombo, e che avremmo desiderato scalare, con belle rocce a fianco che formano sottili placche verticali, simili a lunghe colate di ferro, bianche di neve solo sulla cima e davanti la cresta di massi a placche di cui vado a sperimentare i punti più difficili. Tento e ritento i passaggi seguita da Giovanni che, con un sorrisetto soddisfatto mi  consiglia, io tra accidenti di tutti i generi proseguo quella piccola cresta ridendo delle difficoltà mie e dei due cani che testardi ci seguono. Tra guaiti e brontolii li vediamo valutare le salite e tentare in tutti i modi possibili di oltrepassare gli ostacoli di roccia, sono bravissimi ed ogni tanto diamo loro una mano, certo è che senza darlo a vedere, siamo preoccupati per la loro incolumità.

Finalmente arrivo al cumulo di roccia che segna la vetta, leggere turbolenze di neve vorticano attorno, i cani ci hanno raggiunto e scattiamo foto alla soddisfazione collettiva, è l’una, non resta ora che rifare mezza cresta, scendere al sentiero basso e guadagnare il bivacco poichè un poco di cibo ci sta proprio bene.

Altri lamenti dei due eccezionali cani alpinisti che abbiamo la fortuna di avere con noi e si ripercorre la cresta. Più basso troviamo il sentiero colmo di neve molto fonda, il tratto non è lunghissimo, dopo poche decine di minuti risaliamo il dosso e ci troviamo al bivacco “Mattia”.

Non nascondo che era disordinato e sporco, brutta immagine per questi monti così vicini alle favole, ma è una realtà.

Abbiamo diviso il nostro cibo con quattro occhi attenti e due fauci fameliche che ci hanno tenuto una compagnia inaspettata. Proprio vero che un cane è un amico sicuro, ti allarga il cuore e non ti fa sentire solo in nessun momento, io che ho passato i primi anni della mia vita con Argo un lupo che non dimenticherò mai, mi sono sentita un poco la bambina di allora ed ho giocato felice con quegli animali.

Finito il bellissimo momento alla Capanna Mattia ci siamo incamminati sotto ad un sole incerto verso valle; ulteriori lamenti dei nostri compagni canini per la neve troppo molle e fonda ma stavano bene e non perdevano comunque l’occasione per giocare e ringhiare scherzosi tra di loro. L’alter-ego di Davide tornato su terreno conosciuto riprende il suo gioco di attesa sui dosselli ed insieme ad Oliver pare mettersi in posa per farsi immortalare in mille foto con il suo grosso testone peloso tra le zampe.

Ripercorso il sentiero dell’andata ci ritroviamo alla malga e, mentre i cani stanchi ne approfittano per una dormitina, noi raccogliamo le erbe viste la mattina progettando una risottata con i nostri amici del GAL di Lumezzane.

Finalmente l’auto, sono le cinque e mezza circa, rapido cambio di abiti, una manciata di biscotti, un’altra piccola raccolta di erbe sotto ad una pioggia che diventa sempre più fitta e via veloci.

Uno sguardo al nostro improvvisato amico peloso, non sapevamo dove si trovasse il suo padrone ma abbiamo avuto la certezza che quella fosse la sua casa; ci ha regalato uno sguardo dolce che ci ha confermato come fosse la parte di anima più nascosta e “canina” del nostro Davide ed è sparito. Ci ha regalato una sua giornata ed ora sapendo che non avevamo più bisogno di lui se ne andava. 

Siamo stati fortunati, abbiamo vissuto una tranquilla giornata tra i monti e conosciuto un essere da non dimenticare.

  

                                           Marina Livella