Monte Corona 1 aprile 2007 Non era certamente possibile rinunciare ad una salita domenica scorsa, questo per un paio di motivi molto validi. Il primo era che, calpestare neve era una necessità assolutamente fisiologica, ed il secondo che, essendo il primo di aprile, non ci si poteva esimere dall’organizzare un pesce d’aprile che coinvolgesse i partecipanti alla gita. Quindi la settimana precedente, aiutata da mia sorella Monica, l’ho dedicata a confezionare una bella quantità di grossi pesci colorati su dei cartoncini. Ovviamente speravo che tutti stessero al gioco e li appendessero allo zaino. La mattina scopro che siamo sei quindi ognuno avrebbe avuto il suo pesce. Partenza alle 6 e 30 e via nella notte alla volta di Roncone nelle bellissime valli Giudicarie. Il monte di destinazione si chiama Monte Corona a 2500 metri di altezza, tra un sonnellino e l’altro sento dire che sarà una bella camminata. Verso le otto parcheggiamo le auto in Val Bondone e cominciamo a prepararci; Carlo, Davide, Giovanni, Stefano, Loredana, io e l’ottimo Oliver. La giornata sappiamo che sarà variabile ma speriamo in bene. Un attimo prima della partenza fanno la loro comparsa i miei pesci, un poco di scetticismo iniziale ma poi, tra grande scuotimento di testa dei seriosi Davide e Carlo e fragorose risate da parte di tutti, appendiamo agli zaini quel acquario variopinto che ci accompagnerà per tutto il percorso e sarà continua fonte di battute a base ittica. La prima parte della salita è compiuta nel grigiore azzurrognolo più totale percorrendo malvolentieri un lungo tratto di strada asfaltata spruzzata da poca neve come pure i monti attorno su cui fanno capolino alcuni canali ben innevati. Sempre lungo la strada si arriva alla prima malga silenziosa, ancora un bel tratto nel bosco poi usciamo dalla traccia, abbandoniamo gli abeti e la salita si fa più dura, troviamo finalmente neve alta. Dal cielo ha iniziato a nevischiare, niente di grave, ce lo aspettavamo; prendiamo un dosso molto ripido puntando un grosso dente di roccia che pare un monolito dove, Giovanni asserisce, troveremo un canale che ci porterà alla prima selletta. Tra grossi cespugli di mughi e sudando non poco arriviamo alla strettoia, Oliver, cane alpinista è allegro e scorazza tra di noi instancabile, Carlo si offre come tracciatore, affronta deciso la neve alta e pesante del canale e noi dietro silenziosi lo seguiamo. Arriviamo in cima e restiamo a bocca aperta. Stupendo panorama di vette rocciose ed innevate coperte da cespugli di mughi che paiono una cartolina natalizia. Percorriamo un bel traverso, poi un altro piccolo pendio che termina ad una selletta da cui si apre un bel pianoro dove ci attende da lontano la grossa malga Stablo Fresco. Ci dirigiamo a quella lunga costruzione per un attimo di riposo. Piccola sosta ridendo dei nostri pesci “fuor d’acqua” e dell’indecisione di Giovanni il quale confessa di non sapere con precisione quale sia veramente il Monte Corona. Tutte le cime attorno a noi sono splendide, il tempo ci ha fatto grazia ed il sole ora batte con violenza sulle nostre teste, fa molto caldo, ci sentiamo allegri e motivati ed accettiamo come inevitabile la decisione; si prosegue per il monte più alto e distante che vediamo. Si riparte puntando verso nord, ci attende un percorso fatto di lunghi e dolci dosselli solo sporcati dallo spuntare di roccette scure, sotto ad un cielo blu che contrasta violentemente con il candore del panorama attorno a noi, certo grosse nuvole candide sono sparse ovunque e sicuramente porteranno maltempo, ma per ora godiamo di quel calore tanto intenso da stupire. Bella l’immagine delle vallette di un bianco perlaceo che, a tratti, vengono scurite dall’ombra delle nubi in cielo, strano effetto simile ai miraggi nel deserto. E miraggi paiono pure i dossi, tanto candidi da confondere le idee ed il percorso. La neve alta ci costringe ad alternarci per le tracce ed anche Loredana e io ci diamo da fare felici di faticare come i nostri ottimi compagni che vediamo orgogliosi delle nostre prodezze. E’ passato tempo dall’ultima volta che Loredana ha partecipato da una nostra gita, ma pare che non sia trascorso, la condivisione che la montagna ci regala fa in modo che un filo resti sempre ad unirci e non ci sia modo di spezzarlo, mai. Siamo alla cresta, la nebbia si sta velocemente addensando e mentre noi percorriamo la costa ben innevata, la osserviamo abbassarsi sempre di più e diventare un miscuglio a tratti brillante ed altri confuso. Seguiamo le tracce fonde mentre la nebbia ora decisamente ci avvolge; il panorama è completamente nascosto e, quasi alla cieca, arriviamo finalmente alla vetta. Eccola qui Cima Corona, forse, mah, non è sicuro, certamente i nostri sorrisi non hanno la necessità di sapere se veramente è quella o il suo nome è un altro. L’importante è stare per l’ennesima volta appollaiati in alto, come degli uccelli che riposano un attimo prima di riprendere il volo, in alto, dove pochi esseri umani ambiscono arrivare solo con le proprie forze, in alto, il più possibile vicini al cielo. E’ quasi l’una, abbracci e complimenti tra noi mentre Oliver, agitato, sembra veramente contagiato da tanta allegria. A tratti, guardando in basso, la nebbia si dirada e la vallata sottostante con i suoi abeti si mostra nitida, ma altre nubi arrivano e l’immagine si nasconde. Una sosta veloce per un poco di cibo, il freddo ed il vento sono intensi, belle le foto di gruppo con cane e pesci ridendo delle innumerevoli battute che questa situazione genera continuamente. Ora si riparte, c’è un’urgenza, Loredana ha da preparare cena quella sera, ovviamente un paio di bei branzini con le verdurine, ovvio no! Ci si rituffa nella nebbia lattiginosa, si ripercorre la sottile cresta dell’andata e giù per i pendii che ora paiono perfino troppo facili. Eccoci nuovamente alla malga, non ci si ferma poiché Giovanni ha in mente una “variantina” e ci fa puntare verso una sella dove a tratti spicca una specie di pianoro. Noi docili lo seguiamo, c’è ancora tempo e la “seconda vetta”, anche se facile, ci attira sempre molto, vero è che non ne abbiamo mai abbastanza! E’ un breve percorso che ci porta ad una specie di prua di nave spoglia e ben innevata dove spunta, solitaria, una croce sottile. Raggruppati attorno vediamo le rocce nude che strapiombano sotto di noi, bella immagine che immortaliamo assieme al resto del panorama già ammirato la mattina. Torniamo sui nostri passi lasciandoci alle spalle le vette nascoste dalla nebbia azzurrognola, nuovamente un canale, ma più largo ed agevole di quello dell’andata, che ci porta alla prima spianata, come sempre la neve troppo morbida ci fa faticare parecchio, ma la vista dei monti lontani di fronte a noi, ora sgombri di foschia e attorniati dall’azzurro chiaro del cielo, non ci fa pesare la discesa. Dribblando i grossi cespugli di mughi selvatici, dopo la spianata, troviamo le tracce del sentiero, non sia mai che si segua, Giovanni trova un piccolo canale alternativo mentre gli altri proseguono sulla via stabilita. Tante volte trovo che i percorsi alternativi non siano poi così convenienti, ma il solo fatto di trovarmi invischiata tra labirintici cespugli, bassi alberi ed improvvise difficoltà di ogni genere che sbarrano la strada, mi mette allegria e non cambierei mai un semplice sentiero con una di quelle discese trovate per caso e subito sperimentate. Siamo al bosco, la neve si dirada e lascia il posto a prati cosparsi di ciuffi di violette con petali enormi e delicati ed altri fiori multicolori di cui non conosco i nomi, certo è che la primavera si sta facendo largo a spallate tra neve e freddo ed è piacevole notare l’agitazione che procura nel mondo vegetale questo evento. Siamo alla fine del percorso, una piccola sosta per dare tempo ad Oliver di giocare e lavarsi con l’acqua di un torrente che corre fianco a noi e di cui ammiriamo le cascatelle argentee, e finalmente, siamo alle auto. L’inevitabile pezzo di torta ci attende, ci cambiamo e poi giù verso i paesi che i nostri palati hanno bisogno di “qualche cosa di salato”, magari un bel fritto misto di pesce, piatto che sogniamo da tutto il giorno. A Pieve di Bono ci attendono invece dei panini, la fame ce li fa comunque divorare velocemente, commentiamo la giornata appena trascorsa tutti assieme, oggi è stato un primo di aprile che certamente rimarrà nei nostri occhi e, soprattutto nei nostri cuori, noi piccola gente temeraria che sa unire la passione per la montagna con l’amicizia. Volare alto è facile, no?
Marina Livella
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