IL CASTELLO DELLE STREGHE

Presena                       3 dicembre 2006

Si parte sapendo che la giornata non sarà soleggiata, anzi promette acqua, non fa niente, alle 5 e mezza siamo in onda ed alle 7 da poco passate siamo al parcheggio del Tonale, sette temerari a sfidare un freddo ventoso che ci fa pensare di non essere poi molto normali.

            I monti sono coperti da nubi minacciose anche se si vedono minuscole macchie di azzurro che vengono subito spazzate via, ci illudiamo che ritornino ma non sarà così.

            Ci mettiamo in cammino nel vento gelido. Strada sterrata ma comoda. In alto la visione della cerchia dei monti spruzzati di neve e la nostra meta, Cima Presena, che come al solito è il monte più lontano che si può vedere. Soltanto 1300 metri di dislivello ma, mi dicono un bel sviluppo, quindi si prospetta una lunga camminata.

            Passiamo una buia galleria scavata nella roccia che i due cani di Roberto temono, lui se li tiene amorevolmente vicini e subito si è al di là, grande colpo d’occhio dell’immensa cerchia di monti, stupendo. Ammiriamo la nostra meta, si notano delle lingue azzurro scuro tra i valloni e la cima, ghiacciai mi dicono. Si passano i vecchi impianti da sci oramai dimessi e malinconici, brutta immagine a cui la mano degli uomini, purtoppo, non ha più voluto riparare.

Si arriva alla palude di Presena lunga spianata brulla e poco innevata tratteggiata da massi di roccia e ciuffi di erba arsa dal gelo. Ora il vento si è smorzato ma il freddo è ancora intenso, niente fermate che persino fare fotografie e riprendere costa fatica, il cielo è irrimediabilmente coperto ma era in conto.

            Finita la spianata cominciano delle piccole rocce, puntiamo la selletta tra cima Presena ed il Cornicciolo, piccolo monte soprannominato “Sgualdrina” dai soldati italiani della grande guerra in quanto non trovavano il modo di conquistarlo perché troppo ben difeso dagli austriaci.

Ci dividiamo, Claudio e Roberto prendono la via normale poiché le rocce sarebbero impossibili per i due cani lupo, mentre Davide, Giovanni, Stefano, Loredana ed io ci avviamo verso la salita sugli insicuri ghiaioni innevati che porta alle rocce spruzzate di neve.

            Certo, sicuramente la parte meno godibile delle salite sono i ghiaioni, sempre molto duri e monotoni,  innevati sono anche peggio e se la neve è morbida e si affonda sono veramente terribili.

            Stefano e Loredana ci ripensano e, seppur a malincuore, decidono di tornare indietro, colpa del ginocchio non proprio guarito di Loredana, una delle donne più energiche e determinate che abbia mai incontrato in montagna. Rimaniamo noi il solito avamposto del G.A.R.R.L. a proseguire a sinistra della sella.

            Sono preoccupata, ovunque guardi vedo rocce lisce anche se basse, penso troppo difficili per me, i ragazzi naturalmente sono certi che si possa fare e mi danno coraggio, tantopiù che non sto nella pelle dalla voglia di arrampicare, quindi via i bastoncini, su i ramponi e mano alle picche.

            Si va tranquilli, Giovanni aveva prospettato l’idea di salire anche la cima Zigolon dopo la Presena, ma ora preferiscono sperimentare quella unica salita e lasciare a un’altra volta la cresta della Zigolon.

            Guardando a destra vediamo i nostri amici Claudio e Roberto, lontanissimi, salire dal ghiaione spolverato di neve.

Proseguiamo, certamente i ramponi danno una mano, ma quei massi assolutamente lisci e resi scivolosi dalla neve farinosa sono veramente duri, con calma e parecchi consigli anche io salgo, Davide avanti che esplora la zona e dietro io con un Giovanni premuroso ma inflessibile, infatti non se ne parla di rinunciare a nessuna difficoltà si incontri.

Grande fonte di risate il mio memorabile tentativo ripetuto all’infinito di passare pochi metri di roccia scivolando continuamente giù, non mi sono data per vinta e all’ennesima prova li ho superati, sono stata soprannominata Gatto Silvestro dai miei compagni!

Si passa poi una grande e bella placca abbastanza appoggiata, per la verità abbiamo fatto indigestione di placche durante quella salita e ridendo e scherzando siamo arrivati al ghiacciaio. Bastava quindi percorrerlo e saremmo stati alla salita che portava all’attacco delle rocce che arrivavano alla piccola cresta della vetta. Proseguiamo sicuri sul pendio.                

La nostra via ci ha portato a superare soltanto poche decine di metri di ghiaccio, ma i miei polpacci l’hanno sentito molto bene, ghiaccio duro, in quei momenti ho avuto la netta misura della mia inesperienza. Bellissimo il crepaccio che pareva una caverna, superato all’inizio della salita, con alti strati di ghiaccio azzurro e una spolverata di neve fresca sopra.

Ha cominciato a nevicare senza smettere più, noi eravamo veramente soddisfatti poiché speravamo in questa sorpresa del tempo, ancora ghiaioni e poi la neve si fa più alta ed arriviamo all’ultimo salto attorniati da una grande quantità di catene e sfasciumi della grande guerra mezzo sepolti dalla neve.

Si supera brillantemente, così come si superano due bei canalini e divertenti passaggi sulla roccia che ci fanno scricchiolare i ramponi. E’ un suono molto eccitante quello dei denti di rampone che incontrano la roccia viva!

A proposito di ramponi posso dire di aver avuto l’ansia da ramponi per tutto il tempo, Davide con uno che si sganciava continuamente e Giovanni con il paio così vecchi che forse risalgono ai primi del secolo scorso. Li ho consigliati di archiviarli per sempre ma mi hanno apostrofato dicendo che erano ancora seminuovi, sarà, sono proprio strani ragazzi!  

Grande percorso in cui mi sono cimentata energicamente, ho fatto anche un poco di tracce sotto gli occhi benevoli dei miei compagni e sotto una neve che scendeva sempre più forte.

 Finalmente siamo sotto la cresta, sentiamo le voci di Roberto e Claudio, loro stanno ovviamente già tornando. Ci aspettano e noi, dopo l’ultimo sforzo spuntiamo sul pianoro dove ci incontriamo sferzati da un vento che rasenta la bufera. Prendiamo degli accordi, ci aspetteranno alle auto mentre noi finiamo la salita e scendiamo, non più dalla via di arrivo ma dal lungo vallone delle piste da sci.

La nebbia avvolge tutto e non si vede nulla del bel panorama che sappiamo, ora l’ultimo sforzo, mi spingono ad andare avanti e cercare le rocce migliori da superare ed io ci sto. Valuto, mi arrampico, torno indietro e faccio traccia, quasi come una vera e finalmente siamo in vetta con la grande croce metallica e la piccola statua di Alberto da Giussano. Tira il solito vento da fare paura, ci nascondiamo in un punto basso fra le rocce e tra baci, abbracci e complimenti festeggiamo quest’altra vetta fermamente voluta a tutti i costi nonostante il tempo non abbia fatto altro che cercare di dissuaderci. E’ l’una e siamo in perfetto orario, le previsioni di Giovanni sono state esatte ed ora non ci resta che rientrare.

Decidiamo di non fermarci a mangiare in quanto il tempo è veramente inclemente, riprendiamo la cresta e scendiamo dalla via di salita. Al pianoro si prende a sinistra, lunghissimo vallone di sfasciumi e rocce che non mi fanno di certo rinunciare ai ramponi.

Si arriva ai primi segni umani, gli impianti da sci, troviamo riparo, si fa per dire, dentro ad un enorme tunnel di plastica e ci adattiamo a sbocconcellare qualche cosa. Quando però veniamo raggiunti da nuove folate di vento gelido ripartiamo. Di nuovo lunga discesa fino al rifugio dove sono collocati i cannoni per la produzione della neve e dove troviamo anche ghiaccio vivo e scivoloso tanto che servono ancora i ramponi per superarlo.

Ora manca poco, la nebbia è sempre più fitta e mi domando come facciano i ragazzi a trovare la via del ritorno, pochi pensieri che pare anche loro si siano gelati come tutto intorno a noi.

La stanchezza fa pesare anche gli ultimi passi che servono per superare il piazzale solitario ed il nuovissimo ponte costruito per la gioia degli sciatori da pista sotto la neve che scende copiosa e sta velocemente trasformando il panorama attorno a  noi. Troviamo l’amico Claudio che, con una ulteriore camminata di una mezz’ora buona ha portato l’auto vicino al punto del nostro ritorno, felice idea dato che ora le mie forze erano al lumicino.

Sono le quattro e mezza, velocemente ci cambiamo e lasciamo il Tonale bianco di neve. Pochi chilometri e la neve si è già trasformata in acqua, piccola sosta per un buon panino e poi ritorno a casa sotto una pioggia insistente ridendo e commentando la salita. Alla prossima!

                                Marina Livella