Torrioni Magnaghi 29 ottobre 2006 Fa un certo effetto rivedere ciò che è stata la causa dello scoppiare definitivo della mia passione per la montagna ed allo stesso tempo l’inizio della forte amicizia che si è instaurata con i ragazzi del GAL. Oltre, quindi, ad una specie di ritorno a casa, l’avventura di domenica è stata pure motivo di riflessione, quasi un “riassunto delle puntate precedenti” del periodo che va da agosto 2005 a ottobre 2006. La Grigna e io con l’infinita passione per la sua roccia che mi è rimasta negli occhi e nella testa per 15 lunghi mesi prima di poterla nuovamente toccare. Sto cercando di imparare la pazienza, molto utile in montagna, e che tante volte ti fa ritrovare cose che pensavi di non riavere mai più. Mattinata già tiepida alle 6,10, orario della nostra partenza, l’auto che viaggia mi coccola e ci ritroviamo verso le otto al parcheggio di Pian dei Resinelli. Si preannuncia una stupenda giornata di sole e cieli azzurri ed il nostro bel gruppo di 10 amici parte allegro. Basta poi alzarsi di poco che già si possono ammirare le prime guglie, che si stagliano nel cielo terso pieno di nuvole sfrangiate, luogo che pare sia state disegnato da un architetto bizzarro che voleva abbellire un paesaggio già mozzafiato per merito del lago di Como che si può ammirare da qualsiasi lato si osservi. Le prime guglie sono piccole e sottili, ma quando, dopo una energica arrampicata, vediamo i torrioni che sono la nostra meta è uno stupore, sono enormi da lontano, pare impossibile riuscire a scalarli e rimane, quindi in testa, fisso, il timore di non riuscire. Arriviamo all’attacco del torrione meridionale verso le 9 e 30, il panorama è stupendo, il lago è blu e limpidissimo e si vedono i paesi nei minimi particolari e così pure le cime attorno fino all’infinito. Iniziano le prime piccole difficoltà ma toccare la roccia è eccitante, si dimentica tutto, i piccoli mali che ti torturavano sono scomparsi e così pure il sonno, la stanchezza, i pensieri e tutto il resto. Si è all’osso, tu e la roccia e questo basta, anzi è quanto volevi. La concentrazione è grande, non sono difficoltà insuperabili ma l’essere in ambiente fa diventare tutto molto più complicato e delicato ed è proibito sbagliare. Tutto attorno creste e pinnacoli immacolati grandi e piccoli che mi fanno pensare ai piccoli riccioli di sabbia bagnata che i bambini fanno per costruire i castelli di sabbia. Ecco, avevo capito a cosa rassomiglia la Grigna; a castelli di sabbia costruiti da giganti vissuti qualche milione di anni fa, giganti in vacanza naturalmente e con la voglia di stupire. Certo, pareva incredibile ma tanta era la verosimiglianza da farmi ridere, questi pensieri però mi hanno fatto sentire così stupida da non osare raccontarlo a nessuno, ci riesco solo ora, davanti alla indifferente tastiera del mio portatile. Come nell’agosto 2005, quindi, un’ora e 30 di avvicinamento circa, con davanti l’immagine della nostra meta che ci spinge su quasi di corsa tanta è la voglia di cominciare. All’attacco, siamo sovrastati dal primo torrione, dal basso si vedono lo Spigolo Dorn ed il Canale Albertini, serpeggiare sulla roccia segnati da spit luccicanti, siamo rimasti in otto poichè Claudio e Stefania hanno percorso la normale per iniziare subito la Via Lecco. Tra battute e chiacchiere di ogni tipo ci prepariamo, poi anche noi ci dividiamo, Marco e Riccardo, Carlo e Loredana su per il Canale e gli altri attaccano lo Spigolo. E’ quasi inutile cercare di spiegare la sensazione di estrema libertà che si prova sfidandosi su per quelle rocce. Ci si mette in gioco, è psicologicamente molto difficile ma, riuscire a superare tutte le prove che una via di quel genere ti mette sul piatto, è vera felicità. Una scommessa con se stessi, per me che odio il gioco d’azzardo è il massimo della scommessa in cui mi sia mai cimentata, tra me e me, con un premio partita veramente interessante, la mia felicità. Sicuramente per gli altri erano vie abbastanza facili ma il sorriso soddisfatto di Davide, mio insostituibile capo cordata, mi ha fatto pensare che anche lui sentiva nel cuore quello che passava nel mio, la condivisione era tangibile. Bellissimo vedere il suo sorriso che mi aspettava sulla cima come quell’altra volta, in agosto, quando lo stesso sorriso era una sorpresa che non mi aspettavo e che mi rendeva la fatica più dolce e serena. Sulla cima un’incredibile panorama che abbiamo fotografato a lungo e da dove vedevamo Stefania e Claudio percorrere la Via Lecco, ragni giocolieri incollati alla roccia battuta dal sole, poi piccola calata che ci ha portato alla selletta dove abbiamo sperimentato un bel passaggino in spaccata che ci ha portato sul torrione centrale percorrendo un piccolo divertente traverso. Ora si scende all’attacco della Via Lecco, io aiutata con una piccola calata con la piastrina che ci ha fatto arrivare alla sella di transizione con il torrione settentrionale dei Magnaghi. Battuta d’arresto, alla bocchetta scopriamo che la Lecco è già impegnata da altri che notiamo poco esperti e quindi lentissimi. Lasciamo il povero Sergio appeso alla roccia ad aspettare e noi sotto ci facciamo uno spuntino. Poi si decide, Stefano aspetta che si liberi la via con Sergio mentre Marco e Riccardo attaccano la via Bartesaghi e Carlo, Davide, Loredana ed io la parete sud-est. Ho visto Carlo attaccare addirittura una variante inesistente ma che per la sua abilità è risultata facile e divertente, penso non siano molte le vie che il calmo e scrupoloso Carlo non riesca a passare, in tutti i casi ho seguito con piacere lo sviluppo delle due vie gemelle i cui pochi spit in comune venivano utilizzati alternativamente da Davide e Carlo che, da cavalieri-amici quali sono, si premuravano di lasciare spazio l’uno all’altro per i rinvii. Finalmente partiamo anche noi, bella via, inizialmente un poco difficile ma con uno sviluppo divertente e veramente poco impegnativo. Ci troviamo ora tutti a portata d’occhio e di voce e questo ci permette scambi di fotografie, di impressioni e di battute divertenti. Mi trovo in sosta con un ragazzo che mi confida che, per lui ed il suo compagno, è la prima via da soli. E’ felice e guardare i suoi occhi stupiti ed eccitati e un poco ansiosi per l’esperienza è stupendo. Il mio augurio è che sempre più frequentemente capiti di trovare ragazzi che preferiscono l’esperienza faticosa e impegnativa della montagna rispetto ai soliti triti divertimenti che la nostra società offre. La montagna da molto più di quello che si possa pensare e questo incontro mi fa ricordare i miei occhi dell’agosto scorso, che forse somigliavano a quelli del ragazzo che ho incontrato, stupiti di riuscire a vivere un’esperienza che non ci si può aspettare tanto è incredibile. Ci riuniamo, posso così fotografare Marco e Riccardo che ridono felici, Riccardo che sta diventando un vero uomo, anche grazie alle esperienze di montagna e Marco, fonte inesauribile di risate che dopo un’anno e passa è ancora lo stesso, entrambi grandi suggeritori di dritte in caso di vie ostiche. Ricordo le loro arrampicate energiche da ballerini che mi avevano stupito ed incantato l’agosto scorso, allora non avrei pensato che sarebbero diventati veri amici, loro e gli altri che non elenco ma che sono nei miei pensieri per sempre. Oltre che l’amicizia, con loro ho potuto anche trovare un altro motivo di felicità. E’ stata per loro richiesta che ho ricominciato a scrivere, ed ho raccontato proprio della Grigna. Da allora ogni esperienza di montagna è la scusa per sedermi davanti al portatile e provare a fermare le immagini che i miei occhi hanno visto e che desidero comunicare e condividere. Questo appuntamento settimanale è motivo di gioia per me ed oramai non riesco più a concepire la mia vita senza tutto questo. Ci siamo ritrovati felici ed eccitati in vetta al terzo torrione, quello settentrionale, vedevamo il resto del gruppo vicino alla croce e ci parlavamo ridendo. Piccola sosta per sistemare le corde e mangiucchiare qualcosa, poi via l’attrezzatura e le scarpette poichè l’ultima meta da raggiungere era la Grignetta, l’autentica vetta della Grigna che non potevamo ignorare e per quella erano sufficienti gli scarponcini. Bel percorso tutto in cresta e sotto il sole caldo che non ci ha abbandonato per tutta la giornata. Un piccolo neo in questa storia c’è, la sorpresa alla cima è stato il vedere la grande quantità di persone che vi si erano installate. Escursionisti di ogni genere, piccoli e grandi e perfino un venditore di bibite, il tutto con un vociare ed una confusione da festa di piazza. Incredibile! Per noi, orsi di montagna amatori e degustatori di vette ostiche e solitarie, quella specie di fiera è riuscita a rovinare parte della bella esperienza. Siamo quindi corsi all’attacco del sentiero e poi giù, senza fiato, continuando a riempirci gli occhi del paesaggio mozzafiato che, purtroppo, ci stavamo apprestando a lasciare. Bel sentiero tranquillo e percorso da una grande quantità di persone, motivo di chiacchiere e sorrisi che ci hanno accompagnato fino alle macchine verso le due del pomeriggio. Siamo finiti al rifugio di Pian dei Resinelli a mangiare torta e pizza e bere qualche cosa commentando la giornata sotto un sole che non si decideva a mollare la presa. Si riparte, un’ennesima sosta per un gelato a cui noi golosi non potevamo dire di no e poi a casa. E’ sempre troppo vicina l’ora del rientro, non è vero? Marina Livella
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