IL CASTELLO DELLE STREGHE

Ovest Gran Zebrù     18 giugno 2006

Ci sono montagne la cui cima si raggiunge al primo tentativo, altre invece si fanno desiderare a lungo, ma quando la salita riesce può riservare emozioni e sorprese inaspettate che cancellano le lunghe attese ed i fallimenti.

            E’ il caso di questa salita che, dopo l’ennesimo tentativo, naufragato in una bufera di neve, ma comunque illuminato dal sorriso di Marina (ci sono sempre lati positivi in montagna), mi ritrovo a promettere a Davide che non lo avrei più chiamato per una settimana   .

Dopo due giorni, però, inconsciamente lo richiamo, e lo supplico di ritentare la salita un’ultima volta.

            Così, dopo quindici giorni ci ritroviamo in cammino verso il rifugio Pizzini con Sergio sempre alla spasmodica e cronica ricerca di acqua.

            Sfiliamo baldanzosi accanto al rifugio Pizzini decisi a bivaccare all’aperto, ma, dopo aver trovato il posto adatto, adatto si fa per dire, pietre ed ancora pietre(!), uno sguardo al cielo ed un consulto veloce come la luce, ci ritroviamo nei sacchi a pelo sotto il porticato del rifugio pochi minuti prima del diluvio tra lo sguardo interrogativo di alcuni escursionisti e le lodi di Sergio al suo nuovissimo sacco a pelo. Buona notte!

            Alle 3,30 sveglia. Lasciati i sacchi al rifugio, meno Sergio che riteneva troppo doloroso il distacco, in un’ora e mezza, dopo aver fatto traccia, ci ritroviamo al Passo delle Pale Rosse e vediamo finalmente la nostra salita. In un paesaggio surreale con torrioni fiabeschi a guardia della montagna, si staglia il canale sulla ovest del Gran Zebrù, 500 metri di dislivello tutti innevati, pensiamo ingenuamente, anche perché la possente montagna è avvolta dalla nebbia e non si vede più in alto di 150 metri. In tutti i casi, stavolta siamo decisi ad arrivare alla vetta.

            Il canale non presenta difficoltà, è lineare sui 50°, con neve però abbastanza fonda e Davide dopo tanto arrampicare sulle coste francesi, ci mette un poco ad ingranare.

            Va tutto liscio ma più in alto, nella nebbia, si intravede una fascia di rocce, e dopo un vano tentativo di aggiramento, siamo obbligati ad attraversarle. E’ un misto instabile e, tolta la corda dallo zaino, affrontiamo le rocce ghiacciate e molto delicate dove, però, ci destreggiamo egregiamente.

            Dopo il recupero rocambolesco di un chiodo ormai perso, che Sergio non si degna di regalarmi, affrontiamo un altro tratto di neve molto ripido, e dopo altre rocce ghiacciate ed una cresta nevosa molto bella, pensiamo che le sorprese siano finite.

            Invece, tra la nebbia ed un pallido sole, i miei occhi si illuminano nel vedere la cresta finale, un tratto rettilineo di 60 metri da percorrere in traverso, ripidissimo dal nostro versante, con cornice a portata di mano sul lato nord ed a metà un rigonfiamento da superare accucciati.

            Dico timidamente ai miei compagni se qualcuno vuole passare, ma, da vero amico, Davide sa come la penso, e mi fa un bel regalo facendomi passare da primo.

            E’ un  tratto che non dimenticherò facilmente, delicato per i ramponi a causa della poca neve in alcuni punti, e sempre molto ripido per cui non era ammesso scivolare.

            Mentre lo percorriamo ci ritroviamo, ogni tanto, a sorridere e commentare quest’ultima emozione regalataci della montagna.

            Terminato il traverso, commosso mi scappa una lacrima, notata dagli altri, anche loro piacevolmente felici e sorpresi del regalo di quella giornata.

            Filmo l’arrivo di Davide e Sergio in vetta alla famosa Cima del Re, dai più conosciuta come Gran Zebrù, ,tra urla di gioia e la consapevolezza di aver portato a temine una grande salita. Esce anche il sole a congratularsi con noi e dopo  grandi abbracci cerchiamo di risolvere il mistero di quale fessura avesse incontrato il povero chiodo di Davide.

            Siamo sulla vetta, completamente sgombra da altri esseri umani, ed assolutamente adatta a fare da

Sfondo a questo intimo momento si amicizia e condivisione.

            Torniamo a valle rilassati con la consapevolezza di aver aggiunto al nostro cuore un altro istante di vita intenso e felice.

Ciao a tutti.                                                                                       Arici Giovanni