IL CASTELLO DELLE STREGHE

Dolomiti             7 agosto 2006

E’ agosto, finalmente le vacanze, dopo molte incertezze la decisione, Dolomiti, si va ad arrampicare sui monti sopra Bolzano; campeggio nelle valli che fanno da contrappunto alle rocce più belle del mondo, Val di Fassa, Val Gardena, Val Badia.

            Siamo in dieci, bel gruppo, alcuni hanno pochi giorni di tempo, ma altri contano di passare una settimana a girare per quei monti.

            Partenza alle cinque del mattino con auto strapiene di borse, corde e zaini. Si fila tranquilli sulle strade poco trafficate della notte e poi del mattino presto. Verso le nove, tra una dormita e l’altra dei passeggeri, si arriva a Corvara, il tempo non è bellissimo ma regge, il paese è ancora assonnato e ammirando il paesaggio si arriva al campeggio.

            L’enormità dei monti visti e già fotografati passando, ci rende eccitati e vogliosi di cominciare l’avventura sperata. Si montano le tende e si sistemano i bagagli quasi di corsa che, l’intenzione è di cercare subito roccia da toccare.

            Senza mangiare , verso mezzogiorno, siamo già al Passo Falzarego a 2100 metri circa di altitudine. Abbiamo un libro di vie della zona ed è una tale quantità che ci si ritrova, con un grande imbarazzo per la scelta, a decidere cosa fare. Ma il tempo è poco, il freddo intenso e ci si ritrova ai piedi di una parete attrezzata che ci permette di “provare” muscoli e capacità. Vie godibili, tra il 4° e 6° grado di difficoltà ed è bello vedere anche chi si dichiarava poco propenso all’arrampicata provare felice persino le vie più dure e ridiscendere con una luce negli occhi che allarga il cuore.

            Il sole va e viene e il vento gelido punge tanto che ci si copre con tutto ciò che si ha a disposizione. E’ fantastico, tutte le volte che si arriva in cima ad una via, si gira lo sguardo e ci si rende conto di dove si è, non siamo alle Scale a Lumezzane, tantomeno ed Arco, non è questione solo di roccia, il paesaggio fa la differenza, montagne incredibili, altissime dita di roccia che indicano imperiose il cielo azzurro pieno di nubi bianche, soffici e mutevoli che attirano il nostro sguardo come calamite.

            Vedo la felicità dei ragazzi che sono con me, non esiste nulla di più importante della roccia, al di là di fame, freddo e piccole ferite, si va avanti fino a quando si fa pomeriggio inoltrato, poi si cede, la giornata è stata lunghissima ed è ora di rientrare.

            Le auto sono poco lontano, si riparte e ci si dirige verso il Passo. Nei pressi del parcheggio Luca nota una bancarella strapiena di formaggi locali. Fulmineamente, spinti dalla fame, compriamo formaggi buonissimi che saranno cibo prezioso durante i nostri giorni sulle Dolomiti.

            Passando da La Villa, godibile paesino che precede Corvara, svaligiamo un supermercato. Pane di segale del posto, frutta, bevande, cioccolata e marmellata, sembriamo bambini che possono fare tutto quello che vogliono, è il massimo!

            Si torna al campeggio Colfosco e si prepara un “gigantesco” spuntino,  ci si trattiene un poco che poi c’è la pizzeria che ci aspetta. Il campeggio è bello e fornito di tutto quanto serve, ci laviamo e ripuliamo per bene. Subisco un piccolo incidente che mi ferisce alle gambe, è l’ennesima riprova del grande affetto che mi circonda, ne sono felice e mi sento protetta ed al sicuro, ho trovato delle persone meravigliose oltre a dei compagni e maestri di montagna e questo quando tutto mi pareva perduto, la vita è veramente una esperienza incredibile!

            E’l’imbrunire ci si avvia verso il centro del paese per l’agognata pizza.

            Non si fa certamente tardi, siamo talmente stanchi che dopo risate rilassate, cibo e grappini al mirtillo non possiamo fare altro che infilarci nei sacchi a pelo ed aspettare domani. 

 

 

            Martedì 08 agosto 2006

 

            Ci si alza tardi, il freddo è intenso e si pensa non sia il caso di iniziare vie con la roccia gelata sotto le mani, per cui sveglia abbastanza lenta e abbondante colazione allegra con lo sguardo volto al cielo che d’altra parte non dice granchè, infatti nuvole pesanti e grandi azzurri si affiancano e non sappiamo capire.

            Non importa, la decisione è presa, ci siamo innamorati di due belle torri di roccia che ci sovrastavano passando per il Passo Falzarego. La guida parla di passaggi di 4° e 5° grado, troppo facili per alcuni e fattibili per altri, ma non ci sono discussioni, basta “fare” qualche cosa sulle rocce e la felicità è completa, il cielo si è aperto, il sole è abbastanza caldo e pare perfino impossibile essere lì.

            Avvicinamento facile e divertente su prati verdi e profumati di piccoli abeti e cespugli di pino mugo, un poco di inquietudine prende vedendo la torre di roccia  farsi sempre più incombente, ma c’è chi mi conforta dicendo che appena di posano le mani sulla roccia della base tutto appare più facile, sarà, ma mi sento troppo piccola ed inesperta per tutto quello che mi circonda.

            E’ proprio vero quanto mi è stato detto, formate le cordate parto dopo Davide il cui piglio deciso e rilassato mi fa apparire tutto facile e mi arrampico. E’ sicuro, era proprio li che volevo essere, assolutamente, e questa certezza, che mi accomuna a tutti gli altri, mi rende parte di un insieme, un respiro comune, uomini e montagne, siamo una cosa sola, una grande, stupenda energia

che si esprime arrampicando.

            La colonna sonora sono le stelle alpine, si trovano ovunque, piccole, grandi ed enormi, fiori soffici e candidi, che ci si ritrova ad evitare camminando ed arrampicando perché pare un vero delitto rovinarne anche solo una con i propri piedi di grossolano e troppo approssimativo essere umano

            Ci siamo divisi, un gruppo sale una via un poco più difficile ed un altro una più facile, belle vie, con roccia stabile e piena di appigli e gradoni che danno calma e divertono. Alcuni di noi  parlano di vie poco fluide ma, non importa, per un bel riscaldamento non ci vuole altro che questo.

            Sulla prima cima ci si ritrova tutti, poi la decisione, si scende in corda doppia e si risale nuovamente da un altro lato per tentare la torre grande, è presto e naturalmente non ne abbiamo abbastanza, la forza è ancora tanta da spendere. Tutto scorrevole, le vie sono ancora di ampio respiro con difficoltà persino inferiori a ciò che ci si aspettava, il tempo resta abbastanza clemente, fa freddo ma a quella altitudine non si può pretendere di più.

            Altra via, altre difficoltà, le soste sono abbastanza ampie per ritrovarci, a ridosso di belle rocce e tra cumuli di corde multicolori, a scambiare pensieri, ridere di tutto, fotografarci ed ammirare un paesaggio di montagne che nemmeno in cartolina ricordavi.

            L’onere maggiore è di Luca, l’esperto della zona, che viene continuamente sollecitato a fornire nomi di monti, itinerari, altitudini e notizie varie. Lui ci accontenta sereno e felice di poter illustrare ciò che da anni si porta nel cuore come un tesoro. E’ certo che, un grande amore di questo genere, non ci si stanca mai di trasmetterlo ed è una vera gioia vedere che le persone a te vicine capiscono e amplificano le sensazioni che tu già hai provato e conosci.

            Si tocca un’altra volta la cima, si riassapora lo spettacolo dei pinnacoli sparsi all’orizzonte e lo stupore è sempre nuovo. La Marmolada, enorme torrione compatto, con ghiacciai candidi ed abbaglianti che scendono ai suoi piedi con lunghi e sottili canali che corrono fino al verde dei prati scoscesi e più bassi, e quando, girando lo sguardo, si inquadra il Passo con il suo parcheggio di auto, i turisti e quella sfacciata ed incongruente civiltà, quasi ci si inalbera. Non è in tema, assolutamente, non è nel contesto selvaggio delle rocce ed il proprio cuore cerca una spugna virtuale con cui cancellare quel madornale difetto nel paesaggio. E’ che noi piccoli uomini che anelano la montagna, vorremmo la perfezione e la purezza più totale della parte di mondo che ci sta più a cuore. Desiderio irrealizzabile ma duro a morire.

            Si percorre in silenzio il sentiero del ritorno, delicato e difficile tanto che non te lo aspettavi per niente ma te lo godi come una benedizione divina. Le cose semplici non sono appannaggio dell’alpinismo, questo è certo, anzi, nonostante il brontolare dei miei compagni, sono certa che il ritorno sia stato altrettanto felice, appagante e degna conclusione di una giornata vissuta alla grande.      Quando si ricerca la roccia si è preparati alla difficoltà,  di certo non alle comodità e agli agi che appagano la gente comune, ci si ritrova, senza volerlo, ad appartenere al un branco selvatico e strano che vive in bilico tra civiltà e desiderio di avventura, sentimenti che colgono frequentemente in giovane età ma che poi lasciano il posto al vivere comune e difficilmente perdurano quando sopraggiunge la maturità.

            Siamo alle auto, stanchi ed affamati passiamo a fornirci degli strumenti necessari per organizzare una pastasciutta al campeggio e, dopo una bella ripulita, si cena come uomini veri all’aperto con una temperatura che non pare d’agosto.

            Si termina la serata, alcuni dormendo presto ed altri bevendo grappa e pattinando nello stadio del ghiaccio di Corvara colorato da ragazzi che, fino a notte inoltrata, si divertono a  compiere divertenti acrobazie.

 

 

            Mercoledì 09 agosto 2006

 

            Altra notte passata in un sacco a pelo, notte più fredda della precedente, il tempo peggiora visibilmente e ci preoccupa, era previsto ma non credevamo che, stavolta, le previsioni meterologiche fossero così orribilmente esatte.

            Colazione gelida anche se comunque felice ed allegra, ci vuol altro per smontarci! Il programma, attentamente prestabilito la sera precedente è talmente eccitante da non permetterci di pensare ad altro, la nostra meta è il Sass della Stria.

            Partenza verso le otto di mattina, il caldo del giorno precedente ce lo permette e noi cogliamo questa occasione, il cielo è un susseguirsi di nubi bianche e grigie ed azzurri spettacolari che sono uno sfondo perfetto per le torri rocciose che ci circondano, percepiamo sempre più nitidamente il profondo respiro di questi monti e sono una spinta a fare di più e ricercare il massimo da noi stessi.

            Il sole è talmente caldo da permetterci magliette leggere e sudore estivo che non ci aspettavamo, durante l’avvicinamento. La via, in alto, è già impegnata ma noi ci prepariamo alla salita. Si parte con la solita formazione. Prima i più esperti, poi le cordate che impegnano gli inesperti. Uno stupido malinteso causato da uno pseudo alpinista impegnato a dare prova di quanto si possa essere incoscienti, fa in modo che due di noi rinuncino alla salita. Questo è l’unico grande dispiacere che cala un’ombra sulla felicità di una salita che ricorderò per tutta la vita.

            So per certo di aver assaporato le Dolomiti ed il loro grande respiro, salendo per quella stupenda via tra picchi, camini,e placche con difficoltà che solo una “strega” poteva assemblare.

            Una via magica, per la prima volta per me, veramente alpinistica, con una difficoltà che non lascia respiro, tanto che ti ritrovi a faticare veramente per la prima volta come se nel resto della tua vita tu avessi sempre solo scherzato e fatto prove con in testa esclusivamente la grande voglia di arrivare li, a salire su quei 250 metri di felicità ed adrenalina.

            I miei compagni intorno a sollecitare le mie capacità che nemmeno io mi aspettavo ma che loro probabilmente sapevano già essere latenti dentro il mio fragile corpo, con un sorriso interiore ed un motore che mi ha fatto superare tutte le difficoltà ed arrivare in cima sempre sperando che quello che salivo non fosse l’ultimo tiro di corda perché, dopo, sarebbe finito tutto.

            Alla sera abbiamo capito che il tempo si andava guastando irrimediabilmente, la pioggia ed il campeggio, si sa, non vanno d’accordo, e la prospettiva di una notte d’acqua battente non era delle migliori. Si parte, quindi, finito il sogno di una settimana di Dolomiti, si riparte con la determinazione che questo conto in sospeso è da chiudere al più presto.

            Una sosta a casa di Giovanni con un assaggio di pane e salame che ripara un poco la delusione della partenza frettolosa. Gli abbracci con i suoi deliziosi genitori che sanno di buono e di coccole.

            Resta il magone dell’abbandono che non volevamo, resta la incrollabile voglia di roccia che i Monti Pallidi ci hanno insinuato dentro e che molto difficilmente se ne andrà. Non importa, i nostri progetti ora sono in fermento, alla prossima, che si sta già mettendo in cantiere, queste rocce sono là che ci attendono e noi, certamente, non ci faremo aspettare molto.

            Ora so che si può amare anche ciò che non ti ricambia con stupide parole facilmente ritrattabili, la montagna solitamente ti respinge e ti tratta duramente ma sa ricambiare le tue fatiche con un respiro interiore ed un abbandono psicologico che nessun essere umano potrà mai darti.

            E’ qualche cosa di spirituale, in questi attimi che ti innalzano verso il cielo, e ti ritrovi a pensare che ci sia veramente qualche cosa che ha instillato nel mondo che ci circonda e nel nostro animo un sapore di immortalità.

 

                                           Marina Livella