Canale Teobaldo 16 aprile 2006 Il suo nome è Teobaldo, così si dice in giro, si trova in cima alla Val Saviore, passato il bel Rifugio Lissone, guardando verso il Corno di Grevo, quasi mimetizzato tra altri canali più ampi. Canalino di monte Foppa, i più lo conoscono così, anzi i meno, perchè le salite sui canalini che solcano i monti non sono poi uno sport di massa. Partenza ore 4 e trenta di mattina, Davide, Giovanni, Riccardo ed io, mattinata oltretutto incerta metereologicamente, promette acqua ma si va ugualmente, siamo in Val Saviore alle 6 e si scopre che la strada è ancora bloccata dalla neve. Pazienza ci tocca un'oretta di strada in più, ma si va. Non ci lasciamo certo fermare da così poco. Vediamo la neve già sul sentiero che porta al Lissone, l'alba ci fa intuire una mattinata di sole stupendo e la fatica della salita non si fa sentire molto. Al rifugio la neve è abbastanza alta e pare non tenga molto, i canali non si capisce se hanno scaricato o no, da lontano non si vede con precisione, ci attrezziamo con imbrago, ramponi, ghette e picozze e si riparte, la temperatura non è molto bassa e si sta bene. La previsione è di arrivare in vetta tra le 12 e trenta e l'una. La neve si fa molto alta e chi fa le tracce, gli ottimi Giovanni e Riccardo a turno, fatica parecchio. Si sprofonda molto e la meta pare non si avvicini più. Ci sono momenti di stallo in montagna, sospesi tra la partenza e l'arrivo alla meta, che sono lunghissimi, è tempo elastico che non ho mai trovato altrove, momenti in cui, forse per la fatica o la tensione, non capisci più quando hai cominciato e da quanto stai andando e, sono certa, non hai più coscienza nemmeno di te, come se fossi inglobata alla montagna stessa e ne facessi veramente parte. Il mio momento di stallo è passato chiacchierando, sono una femmina no (!), e quando ho guardato in alto, magicamente, eravamo li, e il sovrastante Canale Teobaldo sottile ma imponente e, a mio parere lunghissimo, era a sua volta sovrastato da un cielo color pervinca quasi irreale. La neve era molto alta ma teneva bene, il canale non pareva avesse slavinato, ma era tutto molto solido. Siamo partiti con in testa un Riccardo dal piglio così deciso da farti dimenticare i suoi 21 anni non ancora compiuti. Siamo saliti quasi di corsa con delle brevi soste che pareva non servissero nemmeno, nonostante la pendenza veramente forte e la neve molto alta che impediva il passo persino a me che mi ritrovavo tracce già calpestate da tre passi robusti. E' stato giusto durante una piccola sosta che Davide, che mi precedeva, mi ha detto, sorridendo, la parola magica, "voltati" ed io l'ho fatto. Devo dire che a ripensarci mi viene quasi un groppo in gola, il fatto è che io, da inesperta, camminavo su per quel canale quasi come un asino con i paraocchi, senza guardarmi attorno, anche per via dell'immacolato candore della neve che accecava, e voltarmi è stato incredibile. La vista del canale che andava giù a strapiombo tra le rocce fino alla valle, la cerchia delle montagne innevate attorno, il cielo azzurro ed il sole che accecava ancor più della neve, era una vista da brividi. Da allora, arrampicando, ogni poco, occhieggiavo, senza averne mai abbastanza, quella immagine alle mie spalle rubandola tra le mie gambe che salivano su e vedevo il mondo capovolto e ridevo perchè era come se il cielo fosse il mare e le montagne salissero da esso arbitrariamente scomposte e pensavo a come anche il mio mondo fosse stato capovolto dall'incontro con la montagna, e da come la montagna avesse il grande potere di avvicinarti a lei solo capovolgendo e stravolgendo gran parte delle convenzioni a cui sei stato abituato a sottostare. All'uscita dal canale ho visto un Riccardo che sventolava la mano gridando per la felicità causata dalla sua impresa da primo della fila e lo stupore alla vista del panorama che gli si apriva davanti. Quando anche io, buona ultima, sono arrivata su, tenuta da una corda improvvisata, ("che non sarebbe il caso di perdere una delle poche femmine che va in montagna"), ho avuto lo stesso stupore incantato degli altri, avevo ad un palmo di mano l'Adamello e il Pian di Neve sembrava a 100 metri da noi! Abbiamo poi percorso un pezzo di crestina per arrivare alla vetta sempre rimirando le montagne che a 2600 metri ti appaiono veramente uno spettacolo incancellabile, siamo tornati senza averla raggiunta perchè la via del ritorno era ancora lunga ed alcune nuvole dispettose stavano arrivavando velocemente sopra la nostra testa. Quindi sui nostri passi fino al punto di uscita del "nostro" canale e discesa lungo il crinale per raggiungerne un'altro, meno scosceso, per la discesa. Posso dire che, a volte, sono altrettanto divertenti ed eccitanti anche i ritorni, il canale di rientro infatti era lungo, difficile e la neve troppo molle ed appiccicaticcia ma tra una risata e l'altra lo abbiamo trovato comunque interessante. Arrivo poi al rifugio Lissone con la stanchezza che cominciava a farsi sentire nelle gambe e nella testa, altra piccola sosta per delle foto ricordo e poi l'ultimo pezzo di discesa sotto una pioggia sottile ma insistente che non ci ha più abbandonato fino a casa, quasi a punirci per quella lunghissima mattinata di sole accecante e di felicità all'estremo.Marina Livella
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