IL CASTELLO DELLE STREGHE

Pizzocolo              17 dicembre 2006

L’ultima immagine che scorro tra tutte quelle scattate in questa giornata è quella divertente che ha coronato una domenica all’insegna dei suini, due bellissimi maiali rosei e grufolanti  che abbiamo trovato, chiusi in un recinto, scendendo per la strada sterrata del rientro che portava alle macchine.

            Tutto è iniziato con la scarsa prospettiva di una domenica grigia che aveva fatto decidere per lo spigolo est del Pizzoccolo, cima vicina a casa, corta e poco impegnativa, a detta dei miei ottimi compagni d’avventura, giusta per la giornata che avevamo a disposizione.

            Partenza tardi ed arrivo a Toscolano del Garda verso le 7 e 30. Veloce salita in auto su per una strada stretta e parecchia indecisione circa l’attacco del sentiero che doveva portare all’inizio della cresta.

            Siamo in cinque, Carlo, Davide, Stefano, Loredana ed io. Fa freddo ma cominciando la salita ci siamo scaldati subito. Dove sarà il sentiero, bella domanda, Davide, l’unico che ha già sperimentato il percorso parecchio tempo prima non ha le idee molto chiare. Il terreno è fangoso e molto scivoloso ma si punta in su e poi si vedrà.

            Ci siamo ritrovati ad arrancare tra alberi ed arbusti giustamente fitti di rovi spinosi, una bellezza di percorso. Tra un lamento e l’altro, cercando di dribblare rami di spine di ogni forma e dimensione nel fango più traditore, seguendo un Carlo calmo e divertito dalla cosa, abbiamo deciso che stavamo certamente percorrendo un sentiero di cinghiali, forma animale che pare abbondi in quei luoghi.

            Davide, ricomparendo talvolta tra una ripa e l’altra, tutto felice ed accaldato, con ciuffi di capelli all’insù e graffi ovunque, alle nostre domande dubbiose circa l’esattezza del percorso, rispondeva sicuro che, secondo lui, quella era veramente una via di cinghiali e quindi fattibile.

            Spiego di cosa si tratta, è praticamente un bosco fitto e senza traccia di sentiero dove “l’alpinista esperto” capisce da segni inesistenti che i cinghiali passano abitualmente da lì e quindi tracciano fantomatiche   vie che sono agevolmente percorribili da esseri umani. Non fa nulla che gli animali siano alti 50 centimetri scarsi mentre gli umani almeno 160, pare che ci si passi e quindi si và.

            Fatto sta che dopo un’oretta di complicata via dei cinghiali siamo spuntati su di un agevolissimo sentiero, ho sentito Loredana commentare la sorpresa di vedere un vero sentiero di cui non ricordava più la bellezza.

            Apprezzando la facilità estrema della nuova via dopo l’esperienza dei cinghiali, ci siamo avviati seguendola. Dopo un poco abbiamo trovato una splendida parete d’arrampicata ben attrezzata che ha fatto rimpiangere la mancanza delle scarpette necessarie per provarla. Breve chiacchierata con una bella coppia di ragazzi che erano li per fare alcune salite e poi via con la promessa di ritornarci e sperimentarla.

            Sentiero costellato da stupendi ciclamini fuori stagione intercalati da rose di natale candide piene della prima rugiada della mattina. Si passa un vallone e poi, finalmente le prime rocce, ci siamo, è l’attacco della agognata cresta.

            Si comincia con piccole roccette da nulla, dietro a noi un panorama grigio del lago di Garda pieno di un indubbio fascino anche così, circondato da alti monti che si ergono dall’acqua accompagnando il grigio/azzurro e sfumandosi nel cielo.

            Le pareti di roccia si fanno sempre più continue e lunghe filando su per la cresta fra ali di alberi e cespugli, ora il cielo è più azzurro. Si nota una splendida nuvoletta candida che interrompe l’uniformità cerulea; pare sia li, curiosa, a tenere d’occhio proprio noi.

            Splendida roccia, forse troppo liscia a mio parere che ho pure gli scarponi bagnati dal fango del sentiero di salita, o forse è una scusa per me che sono ancora troppo inesperta.

In tutti i casi anche io sperimento quelle belle pareti, un poco incerta ma attentamente seguita dall’amico Carlo che non mi ha mai perso d’occhio un attimo, sempre pronto a darmi il consiglio giusto. Gli altri sono veramente felici della possibilità di mettere le mani su quelle rocce piene di spaccature che paiono fatte apposta per noi, lisce, con lunghe scanalature, bei appigli per le mani, lame e provvidenziali spaccature dove appoggiare gli scarponi, il tutto senza trovare punti che si muovono e tradiscono la progressione della salita.

Pian piano pure io inizio a fidarmi della roccia e di me stessa e proseguo più sicura tirandomi indietro solo alcune volte su placche troppo lisce e con pochi appigli. Mi suggeriscono che pure gli arbusti valgono e così riesco a passare anche punti che mi procurano vera ansia.

Si prosegue con tratti lisci di terriccio e altri di placche; il tempo è clemente, non piove anche se il sole non accenna a fare la sua comparsa, bello il passaggio in cui la cresta è veramente aguzza e strapiombante, io mi adatto a passare di lato e scherzo circa la mia grande goffaggine. 

A est si può ammirare lo spigolo del castello di Gaino che procura in me brividi di gioia, quel luogo ha visto il nascere del mio grande amore per la roccia e la montagna, sembrano passati secoli ed invece è solo da due anni scarsi che sperimento il grande potere taumaturgico della montagna.

E’ salita la nebbia, il panorama è ora solo un ricordo ma appena ci ritroviamo sopra ci divertiamo ad ammirare cime di monti scuri che spuntano bizzarramente sopra a quel mare color latte e, lontano, lunghe lingue di azzurro chiaro fanno intuire un sole di cui noi non possiamo godere.

Loredana da quando è partita non ha fatto che commentare con energici “che bello” ed è andata su come una schioppettata tanto che dopo un poco non la si è più vista, tallonata da un sorridente Davide. Ci ritroveremo alla vetta che noi raggiungiamo dopo un poco.

Fotografiamo uno strano aggeggio che si erge in cima ad un palo in ferro che scopriamo essere un faro eolico. Mi diranno giorni dopo che il nome del costruttore di quello strumento è il Mario Tonincelli  amico e magico padre dell’osservatorio astronomico in Val Vestino che io ho avuto l’onore di visitare poco tempo fa.

Ultima piccola crestina e poi la bella chiesetta in pietra grigia con allestito un presepe che ricorda l’avvicinarsi delle feste natalizie. Mangiamo qualcosa ammirando la cerchia dei monti che si ergono bucando la nebbia. Ora il freddo è tanto su quella vetta piatta spazzata dal vento gelido, indossiamo tutti gli indumenti che abbiamo negli zaini e ci prepariamo alla discesa, è mezzogiorno, la salita è stata breve ma molto intensa.

Salutiamo due escursionisti che si aggirano per la cima e ripartiamo prendendo la facile cresta sud; si scende ripiombando nella nebbia che avevamo superato salendo, si ritrovano piccoli boschetti, il sentiero è un vero sentiero e non ha sapore di cinghiali, probabilmente loro snobbano quel bel lato del Pizzoccolo.

Si chiacchiera tranquillamente scendendo e mi godo la serenità della condivisione di esperienze che avvicinano in maniera indissolubile e cementano amicizie che in altro modo non avrebbero la possibilità di esistere.

Ultima immagine stupenda è la visione di un lago di Garda mai visto prima e veramente inspiegabile, l’acqua grigia ed il cielo si toccavano indissolubilmente tanto che la sponda opposta a noi era invisibile, niente monti né terra né paesi e ci siamo ritrovati stupiti e con occhi sgranati a dire che era il mare, già, pareva un mare schermato da una nebbia sottile con l’orizzonte sfumato da sottili strisce candide ed in alto, sopra il grigio, nuvole pure candide.

Con negli occhi quella scena da favola, che non dimenticheremo molto facilmente, abbiamo ripreso il cammino, verso le due eravamo alle auto, felici di aver capito dove fosse il famoso sentiero, alternativa valida alla via dei cinghiali che è stata comunque fonte di risate e divertimento.

E se per caso qualche temerario in vena di divertirsi vuole sperimentarla noi del G.A.R.R.L. possiamo dare le vaghe indicazioni necessarie per trovarla sicuramente!

                                       Marina Livella