Dosso Alto 26 dicembre 2006 Bella giornata da brividi e da veri uomini questa di S. Stefano, Natale è passato riposando e l’accordo era di “smaltire” con una bella camminata tranquilla in Maniva con la prospettiva di percorrere il canale che sale verso il Dosso Alto dalla strada per le Cime Caldoline se c’erano le condizioni ideali. Appuntamento da me alle 6 e 30, arrivano Davide, Giovanni, Marco e Sergio. Bella novità, si deve aspettare Luca che ha deciso di unirsi al gruppo. Dobbiamo attendere un poco poiché il nostro Luca aveva deciso dopo molte insistenze e doveva quindi preparare l’attrezzatura, ma aspettare un nostro compagno non pesa mai. Gruppo riunito, su fino al Maniva, la giornata è bella ed il sole è sopra di noi. Poca la neve che ci attende, ma siamo certi che basti per divertirci. Contrariamente al solito dobbiamo fare pochi passi per arrivare all’attacco del canale e l’incontentabile Giovanni si lamenta che sembriamo escursionisti in gita ma a noi non pare vero che per una volta tanto il divertimento sia a portata di mano. Ramponi, picca e via, Luca spicca per una giacca a vento gialla che non passa assolutamente inosservata, tra noi tutto è fonte di risate, per di più avere Giovanni, Luca e Marco assieme è la sicurezza che a fine giornata avremo la voce rauca a forza di ridere perchè insieme sono una forza incontenibile. Sergio prende in mano la situazione e parte, lui conosce come le sue tasche tutta la zona e si prende l’onere delle tracce. Il canale è ben innevato, stretto e sufficientemente ripido da piacere ma non particolarmente faticoso, la neve tiene bene e fa freddo, il cielo azzurro e limpido sopra di noi è la sicurezza che la giornata sarà stupenda; è abbastanza lungo, ma rapidamente siamo in cima alla prima spianatina, io come sempre sono l’ultima, ma come dicevo, aspettare un compagno non pesa mai ed alla fine mi attendono sempre sorrisi e complimenti. Si prosegue e si arriva alle rocce, Luca e Marco decidono di finire il percorso lungo il canale mentre noi tentiamo le rocce. Davide e Sergio attaccano subito lo spigolo ovest, Giovanni lo ritiene troppo duro per me quindi sceglie per noi uno spigolino a 10 metri da loro. Non dimenticherò mai quella paretina di roccia anche perché, per sicurezza, mi ha fatto salire per prima ed è stato difficilissimo ma molto eccitante dover scegliere da me il modo giusto per salire mentre Giovanni controllava e mi dava suggerimenti preziosi. Quindi su, cercando gli appigli con calma con le mani prima gelate e poi bollenti, gridando per la rabbia quando non capivo cosa fare ma con la sicurezza che Giovanni era lì vicino a me. Ogni passo pareva lungo mesi, ma finalmente arriviamo ad un traverso di neve, forse ci si riposa un poco, invece no, roccia liscia sotto, grande tensione che non passa, la mente vuota ed i gesti forzatamente lenti, la voce di Giovanni era l’unica cosa esterna che mi arrivava al cervello. Ancora uno sforzo e mi sono affacciata alla selletta, al di la uno strapiombo innevato, a sinistra sulla cresta dice la voce di Giovanni, ed io vado su e mi sento brava, un passo dopo l’altro, la neve è alta mi aggrappo a cespugli di mugo e capisco che la meta non è lontana. Sento la voce di Sergio, lui e Davide sono già arrivati in cima, è preoccupato, chiede come va e lo rassicuriamo, tutto è difficile ma sotto controllo, da sopra arriva una corda che l’ottimo Sergio ha sempre con se per le emergenze, la afferro anche se non proprio necessaria è un bell’aiuto psicologico, mi affaccio sulla cima, sono felice e gli altri ancora di più, ricordo ora che li avevo visti sventolare le braccia dalla cima, grido di gioia, sono arrivata e vedo la croce tonda con le grosse braccia metalliche. Brividi di eccitazione mi scuotono mentre percorro il breve tratto che mi separa dai miei compagni, penso che non dimenticherò mai quella mezz’ora buona in cui ho visto da vicino l’alpinismo vero. Sono stanca ma felice, abbracci, fotografie poi si riparte. Un pezzo di cresta battuta dal vento e quindi discesa verso il Passo Portole. Lunga via piana che porta alla Corna Blacca, nostra prossima meta frammezzata da neve e lunghe distese di prato bruciato dal freddo, prendiamo il sentiero denominato “direttissima” che porta alla cima delimitato da una distesa di mughi verdi e bassi, fa caldo tanto che basta la maglietta a maniche corte. Dopo il momento di caldo con il sole a picco sopra di noi si ritorna nella neve più alta, camminando incontriamo degli escursionisti quasi preoccupati nel capire il nostro itinerario, siamo carichi e felici e proseguiamo il sentiero che va su veloce e ripido anche se facile, siamo quasi alla cima quando arriva l’idea della solita variante che cambia le carte in tavola repentinamente, si devia a sinistra, la parete nord pare percorribile e sufficientemente innevata. Si rivela una bella prova, molto ripida e difficile, la fatica si fa pesante ma dopo i soliti gridi che mi vengono quando le vie si fanno ostiche, spunto sulla cima, gli altri sono li ad aspettare. I monti attorno sono colorati di tutti i grigi ed azzurri che si possano immaginare ed il sole è fisso a picco sopra le nostre teste, rischio di rendermi ripetitiva dicendo che tutto attorno a noi era perfetto, neve, rocce, sole e sorrisi, i nostri cuori non avevano bisogno di niente altro. Altra sosta all’ombra, si fa per dire, di quella croce tutta storta che contrassegna la cima principale della Corna Blacca, un poco di cibo e la piccola lettura di parole che dovrebbero fermare il tempo e dare una mano alla memoria e poi via che il ritorno è lunghissimo. E’ incredibile infatti osservare il percorso fatto, mette timore vedere il rifugio del Maniva, così lontano da sembrare un’illusione ottica derivata dalla sovrapposizione dei monti che si susseguono verso l’infinito. Ritorno giù per la difficile e ripida parete conosciuta all’andata che pare cosa nuova percorsa all’inverso, molte indecisioni e qualche suggerimento che è assolutamente necessario per aiutare la mia inesperienza. Finita la parete ghiacciata ci si trova finalmente sul sentiero, piccolo sospiro di sollievo e bella discesa per la via normale tutta disseminata di mughi bassi, tanto che noi sembriamo grossi funghi cresciuti durante la notte o spiritelli bizzarri che spuntano ad intermittenza dal verde cupo dei cespugli. Nuovamente molto caldo, la neve è sparita, le rocce candide della via verso la Capanna Tita Secchi ci accompagnano sul sentiero disseminato di ciuffi di erba gialla ed arsa dal freddo. Tra risate e scherzi di tutti i generi si arriva alla Capanna, troviamo escursionisti che si godono il sole della magnifica giornata che ci è regalata. Altre belle foto che immortalano gli incredibili picchi che si possono ammirare dal balcone della Capanna, delle piccole Dolomiti candide che incantano ogni volta. I monti all’orizzonte paiono dipinti cinesi offuscati dalla nebbia, come sono delicati tratti che fanno solo intuire la maestosità delle vette che si ergono lontano. Si levano i pile, fa veramente caldo, si passeggia fino all’attacco della Via dei Mughi valutando le difficili pareti chiodate che li sono state attrezzate; dopo altre chiacchiere, si riparte. Lunga via piana che ci riporta al piazzale delle auto. Ci cambiamo scherzando tra di noi come ragazzini in vacanza, sosta alla pizzeria di Nada completamente assiepata di gente di ogni tipo, per una bevuta e dei commenti sulla giornata quasi finita. Siamo finalmente rilassati, sono circa le quattro del pomeriggio, i brividi provati durante le energiche salite della giornata sono solo accantonati ma mai dimenticati, ripartiamo che ora la fame si fa sentire, vi porremo rimedio poco dopo, consapevoli che le emozioni provate durante la giornata saranno per sempre custodite nel nostro grande ed unico cuore. Marina Livella
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