IL CASTELLO DELLE STREGHE

Cima Galliner                   24 dicembre 2006

Ora sono a casa, i ramponi nel lavandino ad asciugare, li guardo, sono la prima cosa che sistemo solitamente, poi scarponi, zaino e tutto il resto, infine penso a me, ho sete, sono stanca.

Sempre gli stessi gesti un poco lenti che la velocità, dopo un’avventura in montagna, non mi riesce proprio.

            Altra serata ed altra storia, oggi Lago della Vacca, niente di che si dice, Gaver, gita fatta giusto per vedere come è la neve e soprattutto se ce n’è.

            Solito gruppetto, gli irriducibili Davide, Giovanni, Stefano, Loredana, io e Carlo che raccogliamo a Bagolino passando. Alle otto di mattina siamo alla sbarra che chiude la strada per Crocedomini, la sonnolenza è velocemente dissolta dalle prime risate, domani è Natale, ognuno racconta i propri programmi e si parla percorrendo un lungo tratto di strada coperta di neve tra gli abeti alti nella penombra della mattinata che attende il sole. Si arriva al Goletto di Cadino e la neve a chiazze tra l’erba arsa dal freddo lascia il posto ad una tutta uniforme e sempre più alta. Passiamo la bella Malga di Cadino ora solitaria e disabitata ed andiamo oltre, ora il sole si sta alzando.

            Come quasi sempre il gruppo del G.A.L. è fortunato, si intuisce neve abbastanza alta da poterci divertire e sole che già illumina le cime dei monti circostanti. Sarà fantastico, l’unico neo è la perdita dell’alba, che sarà stata certamente  bellissima.

            Tutto attorno è ancora bianco di neve e blu scuro tranne per le cime che si mostrano già brillanti di sole, la vegetazione è quasi sparita, rimangono radi abeti e cespugli bassi intirizziti dal gelo. Il sentiero per il Lago della Vacca diventa sempre più innevato ed il passo più faticoso. Giovanni si prenota già come “traccista”, la professione dei suoi sogni. Piccola sosta di fianco ad un cartina della zona protetta da una tettoia e poi si riparte che è già tardi. La Corna Bianca che oltrepassiamo pare una nave candida che attende di essere varata.

Percorriamo ancora un tratto di sentiero sotto le creste e poi, dopo averlo lasciato e ripreso dopo un poco, ci ritroviamo su di un passaggio dritto che porta, con un traverso, direttamente al Passo della Vacca. 

Prendiamo la cresta che chiude a ovest verso la cima delle Terre Fredde, non chiedo quale sarà la nostra vetta, so già da me che saranno tutte quelle possibili attorno al lago; finché ci sarà tempo e luce si camminerà.

Una curiosità sono le vecchie orme di ciaspole a cui il vento spazzando via la neve morbida attorno all'impronta  ha ridotto a piccole isolette sopraelevate sul terreno di 20 centimetri buoni; lunghe file bizzarre che paiono tracce preistoriche di animali e che ci hanno accompagnato a lungo.  

            I primi picchi si fanno vicini ed il sole si alza, si percorre un lungo costone dove si capisce che la crosta gelata della neve appoggiata su altra più morbida è abbastanza instabile, procediamo con attenzione ed arriviamo ad un bel canale che sale repentino verso la cima delle Terre Fredde, alle nostre spalle il Blumone ci alletta con altri canali ancora più godibili, ma questa è un’altra storia.

            Davide e Carlo si alternano avanti nella neve sempre più alta e noi dietro ridendo di tutto. Attorno la neve candida ed immacolata assume aspetti incredibili. E’ il vento che soffiando instancabile la sposta formando semicerchi che da stretti si fanno sempre più ampi e paiono eseguiti dai rastrelli dei monaci Zen come sulla ghiaia dei loro giardini perfetti.

            Si sposta lo sguardo ed ovunque si incontrano quegli incredibili giochi di neve, progressivamente la mente trova pace, i pensieri si fanno sempre più leggeri e tutto questo fa si che l’unione con la montagna sia perfetta.

            Pensieri sempre più leggeri,già, sempre di più, che se la mente è sgombra forse si riesce perfino a galleggiare sopra al manto bianco e superare ostacoli che fanno sprofondare sino alla vita nella neve soffice ed ingannevole.     

Superiamo un ampio vallone frammezzato da molti ostacoli costituiti da massi grandi e piccoli spolverati ma non coperti dalla neve e finalmente siamo sotto al canalino che puntiamo da un poco di tempo, è facile ma divertente, archiviamo i bastoncini e, picca alla mano, lo affrontiamo decisi. E’ bianco ed immacolato.

Dopo il primo tratto si decide di prendere mano, anzi piede, ai ramponi, Davide, Giovanni e Carlo accostati ad una roccia in alto e sotto Loredana, Stefano ed io abbarbicati a delle rocce più in basso, lisce e macchiate di licheni giallastri.

E’ dopo poco, mentre ci attrezziamo, che vediamo stupiti uno zaino scivolare veloce fino alla base del canale accompagnato da un rampone ed un guanto. Dopo un attimo di apprensione scopriamo che è l’attrezzatura di Davide; il panetto di neve dove era appoggiata ha ceduto ed ora è sparsa tra le rocce del fondo. Tiriamo un sospiro di sollievo visto che Davide non è assieme al suo zaino, mentre l’impareggiabile Giovanni si è già avviato per il recupero tra le risate ed i commenti generali.

Si supera velocemente il canale e ci troviamo quindi sulla prima vetta. Il vento violento ci raffredda rapidamente, poche foto, l’urgenza di tepore ci fa scappare dichiarando che sono proprio terre fredde, anzi polari. Si percorre una lunga cresta di rocce che fa da collegamento con cima Galliner, una serie di passaggi su roccia mista con neve che ci permette di divertirci molto.

Rallegriamo il percorso trovando sempre nuove difficoltà in cui cimentarci, si sa quanto Giovanni e Davide siano esperti in varianti da sperimentare, sotto lo sguardo vigile e divertito di Carlo che cerca sempre di portarci verso sentieri conosciuti.

            Già a metà cresta i miei ottimi amici ed esperti di montagna valutano che l’ultimo tratto non sia fattibile quindi si intravede una possibilità di salita in un canale che taglia a metà la parete sud-ovest di cima Galliner, non vale la pena rischiare troppo.  

Altro lungo tratto di neve abbastanza dura ed alta che si incrina orizzontalmente e fa un certo timore, il sole alto e molto caldo fa presagire un progressivo rammollimento della neve, bisogna andare veloci.

Altro canale, questo molto più lungo e ripido, lo vediamo da lontano, finalmente dopo un poco ci troviamo alla sua base. Prendiamo la salita di buona lena sulla neve alta e dura tra due scogli di roccia laterali e lunghi ciuffi di erba che spuntano su cunette spazzate dal vento, io naturalmente resto indietro anche perché cerco di fare traccia da me spinta da Giovanni che mi resta vicino.

E’ dura, ma proprio per quello mi diverto molto a cercare, tra le rocce che tagliano il passo, il modo migliore per salire verso la sella calpestando neve candida ed intonsa.

E dopo qualche roccetta, che ci divertiamo a scalare battuti da un vento freddo che gela il viso, arriviamo all’uscita della parete a trenta metri dalla vetta contrassegnata da uno scarno ed elegante crocefisso che si allunga verso il cielo, fissato sopra ad un cumulo di pietre. Il resto della compagnia è li che ci aspetta per i complimenti di rito. 

La fine dei canali è sempre troppo veloce si commenta, voltandosi indietro l’incredibile immagine del resto della cresta di monti che fa da corona al lago completamente coperto di ghiaccio e neve fresca, sotto al sole più abbagliante e caldo che la fine di dicembre possa offrire.

Dalla vetta guardiamo giù le nostre tracce, veramente una bella pendenza che sicuramente non pareva percorrendo il canale.

Siamo soli come quasi sempre, il paesaggio di neve candida e rocce è bellissimo. E’ il vento freddo, come sempre, che ci fa scendere da li attraversando una lunga china con tracciate delle lunghe lingue di neve ghiacciata incavata dal vento in forme improbabili.

Incontriamo uno sciatore che Giovanni invidia molto, ci tocca consolarlo ma basta qualche risata e torna allegro. Arriverà anche per lui il tempo di qualche memorabile sciata nella neve fresca.

Scendiamo un altro poco ed al riparo di un piccolo rudere della guerra mangiamo qualche cosa, sono le  due del pomeriggio, scattiamo immagini che fermano per sempre i nostri sorrisi felici.

Si riparte, altro pezzo di cresta piatta che ci collega al Laione che lasciamo a metà per imboccare la via del ritorno, dopo una piccola sosta prendiamo per il rifugio Tita Secchi chiuso per l’inverno.

 Voltandoci guardiamo il bel canale appena percorso e tutte le nostre tracce che indicano la lunghezza del cammino ora finito; veramente grande camminata. Passiamo il rifugio ed il lago che si intuisce solamente nascosto come è dalla neve.

Ora rimane l’ultimo tratto, Stefano e Loredana scendono veloci mentre noi percorriamo con calma quei bei pendii che fatichiamo a lasciare nonostante sia il tempo del ritorno.

Piccola sosta per delle foto alla enorme roccia che ha dato il nome al lago e sotto ad un sole sfavillante ripartiamo con negli occhi le immagini dei monti e dei brillanti pieni di riflessi colorati che paiono celarsi nella neve, non c’è stanchezza, solo tranquilla rilassatezza che ci induce a discorsi calmi.

Ultima discesa dal canalone delle piste da sci ed arrivo all’auto con le prime ombre della sera che fanno scurire gli alti abeti che ci circondano.

Una provvidenziale fetta di torta calma gli appetiti e, dopo un veloce cambio di abiti partiamo. Riportiamo Carlo a Bagolino che è già buio e ci scambiamo mille auguri per le feste che sono alle porte.

Certo è che tutti noi ci siamo fatti, con questa giornata, il più bel regalo di natale  che potessimo desiderare.       

 

   Marina Livella