Alla fine, dopo ripetuti tentativi di persuasione da parte di Amilcare, Norma e Manuel, ho ceduto e mi sono unito alla loro sempre piacevole compagnia per affrontare l’ultima salita prima delle vacanze, tre settimane durante le quali avrei avuto scarse possibilità di indossare gli scarponi. La meta - il Caré Alto - non ha bisogno di presentazioni, così come l’elegante via di salita lungo la cresta sud-ovest, probabilmente l’itinerario più appagante per raggiungerne la vetta tra quelli riservati ai comuni mortali. Allora perché tanta titubanza??? I motivi erano diversi. In primo luogo era una vetta che avevo già salito meno di un anno prima dalla cresta est e ridisceso dalla normale; pertanto, sebbene la salita si sarebbe svolta lungo diverso itinerario, era una cima già (mi si passi il termine poco elegante) in carniere e, con tutte le cime a disposizione più meno vicine, più o meno note e in ogni caso sconosciute ai miei scarponi, avrei decisamente preferito dirigermi altrove. L’altrove avrebbe dovuto essere una vetta più a portata di ramponi. Temevo non ci fosse neve lungo quell’itinerario e io la volevo calpestare a tutti i costi. Sono anni che cerco di arrivare a San Silvestro avendo messo “piede su bianco” ogni mese dell’anno e per agosto, sebbene fosse solo il primo weekend, sarebbe stata l’unica possibilità. Inoltre c’era il pro e il contro del bivacco. Il pro costituito dall’esperienza sempre gradevole di una notte passata tra amici lassù, senza la comodità della pappa pronta ma con il privilegio di un contatto più ravvicinato con l’ambiente circostante; il contro dato dal fatto che l’accogliente e ben tenuto bivacco Segalla può ospitare comodamente solo sei persone. Noi saremmo stati in cinque (compreso Matteo, amico di Manuel, alla sua prima esperienza “in quota”) e considerando la notorietà del percorso, le condizioni dell’itinerario e meteorologiche favorevoli nonché il periodo di “alta stagione”, c’era da scommetterci che non saremmo stati soli. Già sei anni prima mi era capitato di essere il settimo incomodo lassù; stavolta i presupposti erano tali da suggerire di raggiungere il bivacco quanto prima. Detto fatto. In quattro e quattr’otto ci si organizza sulla suddivisione dei compiti. Tu porti le fiorentine, io porto la bistecchiera, ok? No vabbé dai… stavolta stiamo leggeri… fornellino e pasta liofilizzata, anche se non manca una lattina di birra e un mazzo di carte per ingannare l’attesa. Caricata l’auto si parte, destino lago di Malga Bissina. Sono le 10.30 quando sotto il peso di zaini ai quali non ci si abitua mai del tutto, c’incamminiamo lungo la bellissima Val di Fumo, raggiungiamo l’omonimo rifugio e poi su, calpestando neve (missione compiuta!) verso il Passo delle Vacche, mille metri più in alto, e il bivacco Segalla, ospitale nido d’aquila a 3050 metri. Matteo parte spedito, alle calcagna di quella macchina da dislivello che è Manuel. Norma sembra faticare fin dalle prime battute, come lo scorso anno… probabilmente l’aria del Caré contiene qualche sostanza che il suo organismo non tollera appieno, sarà che dietro il toponimo Val di Fumo si cela chissà quale origine??? Dicevamo di Matteo che si allontana ai nostri occhi nella scia di Manuel. Non lo conosciamo e quindi non ci rendiamo conto immediatamente che forse sta tenendo un ritmo un po’ troppo sostenuto. Arrivati al Passo ci sono ben tre soggetti messi non troppo bene: lui, Norma e, in forma fortunatamente minore il sottoscritto, probabilmente vittima di caldo e zaino pesante. Amilcare unico elemento abile tra noi, Manuel già da un’ora al bivacco a prendere il sole in costume da bagno. |
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Caré Altocresta sud ovest1 e 2 agosto 2009 |
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Abbiamo dalla nostra la possibilità di potercela prendere con estrema calma. Da lassù Manuel ci ha comunicato via radio che al momento è solo. Bene. Gli ultimi metri si rivelano comunque spietatamente selettivi. Matteo è in crisi, gli ultimi passaggi un po’ esposti aggiungono un po’ di paura e insicurezza. E poi siamo a tremila metri, una novità per lui. Ci duole interrompere il relax del nostro Guardiano, ma si deve proprio rimettere gli scarponi e venirci incontro per alleggerire il carico ai bisognosi. Mentre scende, con fatica riesco a raggiungere il bivacco, mollo lo zaino e torno sui miei passi per portare il mio contributo. Ricompattato il gruppo, le tre carrette si fiondano in branda spossate. Sono le 16.30. Il pisolo è ristoratore, è quasi ora di imbastire la cena, quando notiamo due figure di zaino munite in avvicinamento. Sono padre e figlio, passeranno la notte con noi. Non sarebbe un dramma, se non fosse per il fatto che ci comunicano l’imminente arrivo di un’altra coppia! Saremo in nove, il bivacco è da sei, troveremo una soluzione. Dopo cena ci sistemiamo. Noi cinque, da primi arrivati, occupiamo altrettante brande. Padre e figlio ne occupano una dormendo l’uno con il naso contro i piedi dell’altro, la coppia ultima arrivata si accomoda sul pavimento. Incastriamo zaini e scarponi ove possibile, lasciamo socchiusa la porta per non morire asfissiati e buona notte, nella speranza che nessuno debba andare in bagno! |
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